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lunedì 27 dicembre 2010

CHARLOTTE CORDAY GIUSTIZIA......MARAT

La stanza era debolmente illuminata. Marat era nella vasca da bagno. Nel riposo forzato del corpo, egli non lasciava tuttavia riposare il suo animo: una mensola grezza, posata sulla vasca, era coperta di carte, di lettere aperte e di fogli iniziati.
Charlotte evitò di fermare il suo sguardo su di lui, per la paura di tradirsi su quanto stava per fare. In piedi, gli occhi bassi, le mani penzoloni vicino alla vasca, attese che Marat la interrogasse sulla situazione in Normandia. Lei rispose brevemente, dando alle sue risposte il senso e il tono concilianti atti ad elogiare le disposizioni presunte dal demagogo. Lui le domandò poi i nomi dei deputati rifugiati a Caen: lei glieli disse. Lui li annotò, e non appena ebbe finito di scriverli, « Bene!» disse col tono di un uomo sicuro della sua vendetta, « prima di otto giorni andranno tutti sulla ghigliottina!»
A queste parole, come se l'animo di Charlotte avesse aspettato un'ultima infamia per risolversi a vibrare il colpo, ella prese il coltello nascosto nel petto e lo affondò fino al manico, con una forza insospettata, sotto la clavicola destra, squarciando la carotide di Marat. Poi lo ritirò grondante di sangue dal corpo della vittima e lo lasciò cadere ai suoi piedi. « A me, mia cara amica!»gridò Marat, e spirò. »

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