Nel cimitero di Père Lachaise esiste ancora il monumento funerario per Abelar-
do ed Eloisa. Eretto nel 1779 nell’abbazia del Paracleto e trasferito nel cimitero
parigino nel 1815, quel ciborio goticheggiante è meta ancor oggi del pelegrinag-
gio romantico delle coppie di innamorati, sulle tracce di una storia d’amore che
a nove secoli di distanza fa ancora parlare di sé.
Un amore, quello tra il teologo e filosofo Abelardo e la giovane e brillante Eloisa,
vissuto nella Parigi dell’XI secolo, dove il mondo delle universita’ e dei goliardi
mette in crisi convenzioni e strutture sociali.
Su questo sfondo si muove Abelardo, nato nel 1079 in Bretagna e approdato alla
prestigiosa cattedra di Notre Dame, dopo aver combattuto con successo le idee di maestri di dialettica come Roscellino e Guglielmo di Champeaux. Egli nel 1118,
alle soglie dei quarant’anni ed ai vertici della fama, riceve dal canonico Fulberto
l’incarico di precettore della nipote Eloisa, orfana diciassettenne uscita dal mo-
nastero di Argenteuil, la cui intelligenza suscita ammirazione in tutta l’Ile de
France.
Abelardo, l’aveva notata immediatamente. Era l’unica donna in quel mare di
studenti che per ascoltarlo, erano arrivati da ogni parte del mondo: molti erano
principi, figli di re. Era giovanissima e bella, alta, la fronte ampia sotto la treccia
bionda, lunghe gambe, sguardo intelligente ed intenso. Scriveva di filosofia, dis-
sputava pubblicamente di teologia. Quando Fulberto gliela presentò, ella era ar-
rossita. Lo zio gongolava “cosa si potrebbe fare caro Abelardo, per vederci più
spesso”, gli aveva detto anche “vorrei tanto che tu frequentassi più a lungo mia
nipote”. Abelardo aveva saputo che lo zio era un taccagno “niente di più facile”,
gli aveva risposto “io do lezioni private a Eloisa e tu mi ospiti nella tua casa” e
così fu.
Eloisa e Abelardo, già dalla prima sera non avevano aperto un libro. I loro occhi
si erano incontrati, le mani si erano cercate e lui aveva cominciato a frugarle tra
le vesti, prima lei non voleva, poi volle sempre di più. Una passione travolgente,
un ansimare di corpi sul pavimento della casa dello zio, che intanto dormiva o li
credeva intenti a studiare. Una felicità senza fine. Lei diceva “farò tutto quello che vuoi, puoi chiedermi l’anima” e lui “non mi è mai accaduto, ero stato finora
casto, lo sai sono un chierico”. Lei allegra rispondeva “che importa, i chierici non fanno voti di castità”, così che lui bisbigliava”io si, perché volevo fare car-
riera ecclesiale, solo così potrò insegnare ed avere la mia prebenda”.
Egli si era dimenticato di tutto, non gli importava più niente, a scuola arrivava
assonnato, le sue lezioni avevano perso di smalto ed i suoi discepoli più assidui
e solerti si chiedevano preoccupati “cosa gli succede?” . Non fu difficile per loro
scoprire la tresca: Abelardo ed Eloisa si guardavano sperduti e smemorati anche
in pubblico, alle lezioni stavano vicini, si toccavano. L’invidia si sa non guarda in
faccia a nessuno. La felicità assoluta poi è un attimo, che fugge via l’istante suc-
cessivo. Anche nella nostra storia fu così, in poco tempo gli eventi presero una
piega infausta. Il frutto del loro amore fu Astrolabio, i due si sposarono segreta-
mente, per placare lo zio Fulberto. Dopo qualche tempo la notizia trapelò e Abe-
lardo, fu di fronte ad un bivio, scegliere l’amore e abbandonare la sua attività di
oratore o rinunciare all’amore ripudiando pubblicamente Eloisa. Egli cercò in-
vano una terza via, allontanò da se Eloisa, ma mantenne con lei un rapporto epi-
stolare e spirituale forte e per tutti cercò di tornare a rappresentare l’uomo che
era stato nel passato. Pubblicamente il giochetto riuscì, ma lo zio Fulberto, veni-
va spesso dileggiato, in quanto veniva criticato, di non aver saputo vigilare a suf-
ficenza sulla integrità dei due. Ben presto volle vendicarsi, assoldò due sicari ed
una notte essi agirono evirando Abelardo. Questo gesto riabilitò Fulberto anche
in veste di canonico di Notre Dame e tutti erano ora certi che anche Abelardo,
non sarebbe più caduto in tentazione. Effettivamente andò così i due amanti,
rimasero in contatto epistolare, rimpiangendo per il resto della loro vita, quei
pochi momenti di estasi. Alla morte di Abelardo, Eloisa chiese di essere sepolta
accanto a lui. Ma alla sua morte anche questo desiderio non venne esaudito,
solo nel 1815, probabilmente per dare lustro al nascente cimitero di Père La-
chaiese, si decise di riunire i loro resti.
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