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venerdì 31 dicembre 2010
IL FAIR PLAY.....ORMAI MORTO E SEPOLTO
A bordo di una Fiat 600 aveva "sfidato" una Ferrari, impedendole il sorpasso. L'inseguimento è iniziato sul Gra, all'altezza dell'uscita Pontina, dove il conducente della Fiat non si è lasciato superare dalla Ferrari che lo seguiva. Probabilmente indispettito da tale atteggiamento, il Ferrarista ha prima speronato diverse volte l'utilitaria e dopo averla bloccata, è sceso dal veicolo e, insieme all'amico, ha mandato in frantumi un finestrino della 600 e preso a pugni il 32enne che la guidava. I due aggressori sono stati arrestati dai militari del Nucleo Radiomobile di Roma. All'interno della Ferrari sono stati rinvenuti 27.500 euro in contanti: la provenienza del denaro, sequestrato assieme alla Ferrari, dovrà essere chiarita. Il conducente della 600 è stato portato al Sant'Eugenio per i soccorsi; è stato dimesso con una prognosi di 21 giorni.
mercoledì 29 dicembre 2010
TREMONTI TIRA I CORDONI DELLA BORSA ANCHE PER IL 2011
Il ministro dell'economia Giulio Tremonti ha pensato bene di mettere subito in chiaro che anche nel 2011 i cordoni della borsa saranno molto tirati, ricordando per iscritto a tutti i ministeri gli obiettivi del Governo e la situazione economica internazionale. "Anche in relazione al generale contesto europeo - si legge nella circolare inviata il 23 dicembre per conoscenza anche al presidente della sezione controllo enti della Corte dei Conti - resta confermata l'esigenza di una rigorosa azione di contenimento della spesa pubblica, già intrapresa negli esercizi precedenti, volta ad assicurare un intervento organico diretto a conseguire gli obiettivi prefissati dal governo allo scopo di contrastare gli effetti della crisi economica". "La fattiva collaborazione di tutte le amministrazioni è - ha scritto Tremonti - elemento essenziale affinché gli enti di rispettiva competenza osservino i criteri sopraindicati volti al consolidamento del processo di razionalizzazione della spesa pubblica". Il ministero effettuerà un monitoraggio sull'andamento del processo.
LEONARDO E IL SUO NUOVO SOGNO....IL BAMBINO PERO' LA PENSA DIVERSAMENTE
«Non cercavo un lavoro, cercavo un sogno che potesse stimolarmi. Sono un romantico, cercavo una grande sfida: una più grande di questa, non c'è. Era impossibile dire di no, questa è un'opportunità meravigliosa». «Questa sfida è troppo grande, troppo sorprendente: impossibile dire di no», ribadisce prima di soffermarsi sul passato rossonero. Sulla panchina del Milan, Leonardo ha debuttato come allenatore. «Ho sempre cercato di essere libero, di avere una mia identità. Io cerco di essere me stesso», dice.
Il bambino del video seguente, la pensa molto diversamente:
http://www.youtube.com/watch?v=n2ZGA6a1pa4
Il bambino del video seguente, la pensa molto diversamente:
http://www.youtube.com/watch?v=n2ZGA6a1pa4
martedì 28 dicembre 2010
GIANFRANCO E RACHELE
Per Fini un bel tuffo retrò nel passato: Rachele.
La notizia parte dal “Giornale”. Le foto di Rachele e il link al sito di appuntamenti Escort.inn circolano già sul web. «Rachele, italiana, Escort in Reggio Emilia / Splendida escort, appena tornata a Reggio Emilia. Ciao sono Rachele Italiana, giovane, elegante, molto sexy e provocante, sono una modella pronta ad esaudire ogni tuo più particolare desiderio, posso riceverti o raggiungerti con un pò di preavviso. Sono esperta di feet job e sono una severa padrona e se lo vuoi anche con pioggia dorata e cioccolata. Chiamami ti aspetto per farti godere!!! Disponibile anche per cene e spettacoli hard di alto livello».
A conoscere le lingue e le perversioni, la signorina dimostra di avere talenti, fantasia e disponibilità, anche culinaria. Ma la rete vomita annunci di gran lunga più fantasiosi di quello della bella Rachele. Nessuna certezza sui fatti e neppure sull’identità della signorina, ma grande scoop per la testata che lo ha lanciato e gran bella pubblicità per la misteriosa e versatile Rachele.
Sui trent’anni, tacchi vertiginosi e pantaloni di pelle, e una gran voglia di chiacchierare: «Il presidente della Camera è stato con me tre volte, pagava 2mila euro per il mio silenzio». Si definisce “di destra” e proprio per questo ha scelto come nome d’arte quello della moglie di Mussolini. Il primo incontro a novembre 2009. Fini con l’auto blu e la scorta fuori ad aspettare (come Marrazzo), la cifra 500 euro ma la cifra arriva rapidamente a 2.000 (la stessa di Patrizia, garanzie sul residence escluse). Altri due appuntamenti a maggio e a settembre di quest’anno. Poi il silenzio. Anche le escort, come le formiche, si incazzano. Molto più delle formiche e con più tempismo. Sono cicale loro, mica hanno tempo da perdere. Rachele sull’onda del fango fa il surfing da professionista.
La notizia parte dal “Giornale”. Le foto di Rachele e il link al sito di appuntamenti Escort.inn circolano già sul web. «Rachele, italiana, Escort in Reggio Emilia / Splendida escort, appena tornata a Reggio Emilia. Ciao sono Rachele Italiana, giovane, elegante, molto sexy e provocante, sono una modella pronta ad esaudire ogni tuo più particolare desiderio, posso riceverti o raggiungerti con un pò di preavviso. Sono esperta di feet job e sono una severa padrona e se lo vuoi anche con pioggia dorata e cioccolata. Chiamami ti aspetto per farti godere!!! Disponibile anche per cene e spettacoli hard di alto livello».
A conoscere le lingue e le perversioni, la signorina dimostra di avere talenti, fantasia e disponibilità, anche culinaria. Ma la rete vomita annunci di gran lunga più fantasiosi di quello della bella Rachele. Nessuna certezza sui fatti e neppure sull’identità della signorina, ma grande scoop per la testata che lo ha lanciato e gran bella pubblicità per la misteriosa e versatile Rachele.
Sui trent’anni, tacchi vertiginosi e pantaloni di pelle, e una gran voglia di chiacchierare: «Il presidente della Camera è stato con me tre volte, pagava 2mila euro per il mio silenzio». Si definisce “di destra” e proprio per questo ha scelto come nome d’arte quello della moglie di Mussolini. Il primo incontro a novembre 2009. Fini con l’auto blu e la scorta fuori ad aspettare (come Marrazzo), la cifra 500 euro ma la cifra arriva rapidamente a 2.000 (la stessa di Patrizia, garanzie sul residence escluse). Altri due appuntamenti a maggio e a settembre di quest’anno. Poi il silenzio. Anche le escort, come le formiche, si incazzano. Molto più delle formiche e con più tempismo. Sono cicale loro, mica hanno tempo da perdere. Rachele sull’onda del fango fa il surfing da professionista.
LIPPI E BROSIO PRONTI A VENDERE LE LORO QUOTE DEL TWIGA
Marcello Lippi e Paolo Brosio sembrano intenzionati a lasciare Flavio Briatore e Daniela Santanchè. Secondo quanto riporta la stampa locale, i primi due sarebbero intenzionati a cedere le loro quote del locale vip della Versilia Twiga, a Marina di Pietrasanta (Lucca).
Il 50% della Mamamia srl, la società proprietaria del club, è di Briatore; il 30% di Brosio; il 10% della famiglia Lippi e l’altro 10% del sottosegretario. Il Twiga – discoteca, ristorante e spiaggia – venne fondato alla fine degli anni Novanta ed è diventato una sorta di concorrente ‘contemporaneo’ della Capannina di Franceschi, storica locale della Versilia, dove si esibiva Mina e dove Gianni Agnelli aveva il tavolo riservato.
La decisione di Brosio e Lippi sarebbe maturata prima di Natale, anche se i due non hanno confermato nè rilasciato commenti ufficiali. Ancora non è noto quale sia il motivo dell’addio: si ipotizzano dissensi sulla decisione di ricapitalizzare la società e, riguardo Brosio, si ricorda anche la recente conversione religiosa. Il nuovo assetto societario dovrebbe vedere un rafforzamento delle quote di Briatore e del sottosegretario e l’ingresso di un nuovo socio (il cui nome non sarebbe noto alle cronache mondane, politiche, sportive).
Il 50% della Mamamia srl, la società proprietaria del club, è di Briatore; il 30% di Brosio; il 10% della famiglia Lippi e l’altro 10% del sottosegretario. Il Twiga – discoteca, ristorante e spiaggia – venne fondato alla fine degli anni Novanta ed è diventato una sorta di concorrente ‘contemporaneo’ della Capannina di Franceschi, storica locale della Versilia, dove si esibiva Mina e dove Gianni Agnelli aveva il tavolo riservato.
La decisione di Brosio e Lippi sarebbe maturata prima di Natale, anche se i due non hanno confermato nè rilasciato commenti ufficiali. Ancora non è noto quale sia il motivo dell’addio: si ipotizzano dissensi sulla decisione di ricapitalizzare la società e, riguardo Brosio, si ricorda anche la recente conversione religiosa. Il nuovo assetto societario dovrebbe vedere un rafforzamento delle quote di Briatore e del sottosegretario e l’ingresso di un nuovo socio (il cui nome non sarebbe noto alle cronache mondane, politiche, sportive).
NASCE IL SOLDALIZIO PUPI AVATI....CESARE CREMONINI
Qualche anno fa accadde a Katia Ricciarelli: dal mondo della musica (ma anche della Tv e dei reality) a quello del cinema. Questa volta tocca a Cesare Cremonini: è sul bolognesissimo ex leader dei Lunapop, da anni avviato a una carriera solista, che si è posata l'attenzione del regista Pupi Avati per il suo prossimo film, "Il cuore grande delle ragazze". Cremonini, nel ruolo dello sposo, è stato scelto "innanzitutto "per l'accento bolognese che sembra di via Saragozza, dove sono nato e cresciuto, e poi per una visione della vita proprio come piace a me''. Pupi Avati confessa che la storia de ''Il cuore grande delle ragazze'' è ispirata a quella dei suoi nonni: ''Carlino, un gran donnaiolo che non voleva lavorare e pensava solo alle donne, alla caccia e a bere e a Francesca, una bella ragazza di buona famiglia che s'innamoro di questo, come si dice dalle nostre parti, Sbagerla praticamente un mezzo delinquente che riuscì a tradirla pure la prima notte di nozze a Porretta Terme''.
lunedì 27 dicembre 2010
GLI AVVOCATI DI ASIA ARGENTO SMENTISCONO MORGAN
La piccola Anna Lou, «affidata in via esclusiva ad Asia Argento, ha viaggiato e viaggia all'estero in forza di un passaporto, rilasciatole nel 2007, previa autorizzazione del padre signor Marco Castoldi (in arte Morgan, ndr)». Lo sostengono i legali dell'attrice, Raffaella Carugno Cuccia e Carlo Srubek Tomassy, che contestano «fermamente a nome e per conto della loro assistita. Riservando alla signora Argento ogni più ampio diritto ed azione in tutte le sedi competenti a tutela della sua onorabilità» i legali precisano anche che «allo stato, sempre contrariamente a quanto risulta essere stato dichiarato dal signor Castoldi, in virtù dei provvedimenti in atto e da ultimo assunti dal Tribunale dei Minori di Roma allo stesso signor Marco Castoldi sono consentiti con la figlia solo incontri protetti e dunque con modalità ben determinate, che oltretutto il signor Castoldi solo molto parzialmente ha utilizzato, e che questi stessi provvedimenti non sono ovviamente minimamente di alcun ostacolo al viaggio all'estero intrapreso dalla signora Argento con la figlia Anna Lou e la sua famiglia durante il periodo natalizio». «I comportamenti posti in essere dal signor Castoldi costituiscono - dicono ancora gli avvocati - con tutta evidenza una ennesima gratuita sovraesposizione mediatica delle problematiche giudiziarie che riguardano la figlia minore, con totale incuranza delle gravissime conseguenze che alla stessa ne possono derivare».
CHARLOTTE CORDAY GIUSTIZIA......MARAT
La stanza era debolmente illuminata. Marat era nella vasca da bagno. Nel riposo forzato del corpo, egli non lasciava tuttavia riposare il suo animo: una mensola grezza, posata sulla vasca, era coperta di carte, di lettere aperte e di fogli iniziati.
Charlotte evitò di fermare il suo sguardo su di lui, per la paura di tradirsi su quanto stava per fare. In piedi, gli occhi bassi, le mani penzoloni vicino alla vasca, attese che Marat la interrogasse sulla situazione in Normandia. Lei rispose brevemente, dando alle sue risposte il senso e il tono concilianti atti ad elogiare le disposizioni presunte dal demagogo. Lui le domandò poi i nomi dei deputati rifugiati a Caen: lei glieli disse. Lui li annotò, e non appena ebbe finito di scriverli, « Bene!» disse col tono di un uomo sicuro della sua vendetta, « prima di otto giorni andranno tutti sulla ghigliottina!»
A queste parole, come se l'animo di Charlotte avesse aspettato un'ultima infamia per risolversi a vibrare il colpo, ella prese il coltello nascosto nel petto e lo affondò fino al manico, con una forza insospettata, sotto la clavicola destra, squarciando la carotide di Marat. Poi lo ritirò grondante di sangue dal corpo della vittima e lo lasciò cadere ai suoi piedi. « A me, mia cara amica!»gridò Marat, e spirò. »
L'EGOISMO ARRIVA ANCHE A SAN FRANCISCO
San Francisco non è la prima città americana ad arrendersi alla spietata legge di un'economia che sta drenando le risorse degli Stati, delle contee - le nostre province - e delle città, nelle quali i contribuenti esigono che sempre maggiori fette della fiscalità tornino a loro. Dalla capitale Washington, dove il personale della polizia metropolitana e degli uffici pubblici ha l'obbligo di residenza nella città o nei suoi sobborghi satellite, a Denver, nel Colorado, dove è in vigore la "Dura", come si chiama per caso la dura norma sulla ricostruzione urbana riservata agli abitanti e ai residenti legali, sistemi di quote e preferenze localistiche stanno diffondendosi in una nazione che si vanta di non discriminare fra razze, generi, religioni, status legale o preferenze sessuali (come precisa l'ancora apertissima New York). Ma che al momento di distribuire le sempre più magre risorse pubbliche deve tornare a chiedere i documenti. Ma San Francisco, da più di un secolo la "costa dei barbari", degli spiriti liberi, dei poeti maledetti, dei figli del mondo e dei fiori, la comunità dove tutto è possibile e tutto è permesso, era vista come l'ultima roccaforte di un'utopia che aveva avuto il suo zenith nell'estate dell'amore 1967 e conosciuto il suo terribile nadir all'inizio degli anni '80, quando l'Aids devasto la comunità gay di Castro. La resa del "Board of Supervisors" - il potentissimo consiglio comunale che funziona anche da corpo legislativo del quale fece parte il celebrato Harvey Milk, il primo politico apertamente gay poi assassinato - alla realtà della finanza, è dunque specialmente dolorosa.
Il sindaco Newsom, salito al potere con il 72% dei voti, ha grandi ambizioni politiche, e dopo essere stato già eletto anche vice governatore nel novembre scorso, immagina possibili orizzonti futuri alla guida dello Stato intero. Ma la California, già motore dei successi e della crescita americana soprattutto negli dell'illusoria "new economy" nella valle dei computer e di internet, chiuderà il 2010 con 26 miliardi di dollari di disavanzo pubblico. E la falce degli amministratori pubblici sta calando su scuole, servizi pubblici, assistenza, sanità. La zattera alla quale si aggrappano sindaci, amministratori di contea, assessori sono i fondi per la ricostruzione venuti da Washington, nel "Reconstruction Act" del 2009 con i suoi quasi 800 miliardi, e negli stanziamenti locali quasi sempre a credito, finanziati con obbligazioni che i contribuenti dovranno ripagare. Dunque, chi non risiede e non paga le tasse, non avrà diritto a salire sulla zattera. E per essere residente non si può essere "senza documenti". Sono quindi i clandestini i primi a essere esclusi.
"È stato difficile, ma ho dovuto farlo", si è inchinato mestamente il sindaco respingendo le invocazioni di chi gli chiedeva di mettere il veto - in verità pochi perché l'autarchia del lavoro ha avuto l'approvazione di 8 consiglieri su 11 e i supervisors sono oggi espressione dei quartiere della città, non più dei residenti in generale. Il presidente del board è infatti un cinese, Chiu, figlio di immigrati taiwanesi, dunque espressione della etnia più forte, ancora imperniata, ma non più limitata, nella Chinatown.
Fino a quando il morso della recessione non si sarà allentato e il mercato immobiliare, motore primo della finanza locale attraverso l'Ici, non ripartirà, i buoni sentimenti, la tradizione, il ricordo di "San Francisco Città Aperta" continueranno ad appassire come i fiori tra i capelli dei vecchi ragazzi del '67. San Francisco è chiusa per restauri e si culla in un'altra illusione, quella del localismo redentore. In altre città ancora più inguaiate, come Cleveland e Cincinnati, le metropoli degli altiforni freddi sui Grandi Laghi, le quote riservate ai residenti esistono da anni. Ma non si trovano mai abbastanza residenti per fare gli spiacevoli e mal pagati lavori che a loro sarebbero riservati. Non basta riservare un posto a tavola, se poi nessuno si presenta.
Il sindaco Newsom, salito al potere con il 72% dei voti, ha grandi ambizioni politiche, e dopo essere stato già eletto anche vice governatore nel novembre scorso, immagina possibili orizzonti futuri alla guida dello Stato intero. Ma la California, già motore dei successi e della crescita americana soprattutto negli dell'illusoria "new economy" nella valle dei computer e di internet, chiuderà il 2010 con 26 miliardi di dollari di disavanzo pubblico. E la falce degli amministratori pubblici sta calando su scuole, servizi pubblici, assistenza, sanità. La zattera alla quale si aggrappano sindaci, amministratori di contea, assessori sono i fondi per la ricostruzione venuti da Washington, nel "Reconstruction Act" del 2009 con i suoi quasi 800 miliardi, e negli stanziamenti locali quasi sempre a credito, finanziati con obbligazioni che i contribuenti dovranno ripagare. Dunque, chi non risiede e non paga le tasse, non avrà diritto a salire sulla zattera. E per essere residente non si può essere "senza documenti". Sono quindi i clandestini i primi a essere esclusi.
"È stato difficile, ma ho dovuto farlo", si è inchinato mestamente il sindaco respingendo le invocazioni di chi gli chiedeva di mettere il veto - in verità pochi perché l'autarchia del lavoro ha avuto l'approvazione di 8 consiglieri su 11 e i supervisors sono oggi espressione dei quartiere della città, non più dei residenti in generale. Il presidente del board è infatti un cinese, Chiu, figlio di immigrati taiwanesi, dunque espressione della etnia più forte, ancora imperniata, ma non più limitata, nella Chinatown.
Fino a quando il morso della recessione non si sarà allentato e il mercato immobiliare, motore primo della finanza locale attraverso l'Ici, non ripartirà, i buoni sentimenti, la tradizione, il ricordo di "San Francisco Città Aperta" continueranno ad appassire come i fiori tra i capelli dei vecchi ragazzi del '67. San Francisco è chiusa per restauri e si culla in un'altra illusione, quella del localismo redentore. In altre città ancora più inguaiate, come Cleveland e Cincinnati, le metropoli degli altiforni freddi sui Grandi Laghi, le quote riservate ai residenti esistono da anni. Ma non si trovano mai abbastanza residenti per fare gli spiacevoli e mal pagati lavori che a loro sarebbero riservati. Non basta riservare un posto a tavola, se poi nessuno si presenta.
domenica 26 dicembre 2010
MORTE MARAT DI J.L.DAVID
Il dipinto raffigura Jean-Paul Marat, una delle menti della Rivoluzione francese, riverso nella vasca (dove si trovava sempre, a causa di una dermatite), pugnalato a morte da Charlotte Corday D'Armont. La giovane era andata da lui con una lettera (ancora visibile tra le mani di Marat) nella quale gli chiedeva una grazia, ma, dopo avergliela consegnata, lo aveva ucciso.
Questo quadro è da considerarsi la santificazione laica di un rivoluzionario; ogni oggetto presente nel quadro assume una funzione simbolica e di reliquia. Su di una cassa di legno di fianco alla vasca, è scritto il laconico omaggio dell'artista: "À Marat, David".
UN TERZO DEL CENONE.....FINISCE NEL BIDONE
Un’abbuffata da 2,8 miliardi che si chiude con 1 miliardo che finisce nei rifiuti. E’ questo l’epilogo delle feste natalizie passate a tavola. Se a Natale, secondo le stime di Coldiretti, si è risparmiato in caviale, ostriche, salmone e champagne non si è lesinato in bolliti, cappelletti, salumi, carni, spumanti, panettoni, pandori, pesci, formaggi e quant’altro.
Il risultato è che è rimasto sulle tavole oltre un terzo delle portate preparate per la vigilia e per il pranzo di Natale, per un valore di circa un miliardo che rischia di finire nel bidone della spazzatura. La stima è sempre di Coldiretti.
Ad essere gettati sono soprattutto i prodotti già cucinati e quelli più deperibili come frutta, verdura, pane, pasta, latticini e affettati.
Il risultato è che è rimasto sulle tavole oltre un terzo delle portate preparate per la vigilia e per il pranzo di Natale, per un valore di circa un miliardo che rischia di finire nel bidone della spazzatura. La stima è sempre di Coldiretti.
Ad essere gettati sono soprattutto i prodotti già cucinati e quelli più deperibili come frutta, verdura, pane, pasta, latticini e affettati.
HO CHIUSO CON LA FABBRICA DEI FIGLI
Ronaldo ha rivelato di aver fatto una vasectomia.Il fenomeno è padre di Ronald, 10 anni, figlio di Milene Domingues, di Alex (5 anni), frutto di un rapporto occasionale con Michelle Umezu quando si trovava in Giappone per un'amichevole con il Real Madrid nel 2004, di Maria Sophia (2 anni) e Maria Alice (nove mesi), avute dalla moglie attuale, Bia Anthony. Curiosamente, Ronald e Maria Alice sono nati il 6 aprile, e Alex l'8 aprile. Alex è stato riconosciuto da Ronaldo solo quest'anno, dopo che Michele Umezu (brasiliana di origine giapponese che in Giappone faceva la cameriera in un bar). Anche Pelè, dopo qualche paternità 'imprevistà, molti anni fa decise di sottoporsi ad intervento per rendersi sterile. Poi però se ne pentì, al punto da ricorrere all'inseminazione artificiale per ingravidare la seconda moglie, da cui poi ebbe, grazie a questo metodo, due gemelli.
sabato 25 dicembre 2010
FELTRI E BELPIETRO DI NUOVO A BRACCETTO
I giornalisti-editori scendono entrambi in campo con una quota del 10% a testa, acquisita dagli Angelucci, per il nuovo “Libero” con Belpietro nelle vesti di direttore e Vittorio Feltri editore.
A partire da marzo, Feltri tornerà a scrivere, quando sarà scaduta la sanzione disciplinare dell’Ordine nazionale dei giornalisti sul caso Boffo.
Entrambi si dicono “berlusconiani”, ma non pagati dal premier. “Tutti sono pagati da Berlusconi, quelli che scrivono per Mondadori, quelli che fanno cinema. Noi no. E se qualcuno invece lo dirà allora chiederemo dei danni pazzeschi”, ha detto Feltri. Il loro obiettivo è crescere con questa nuova sfida: “Ci siamo garantiti con patti parasociali che prevedono la gestione a nostro carico. Siamo nel Cda e anche nel Cda avremo una maggioranza. Il nostro unico patto è stato una stretta di mano e l’augurarsi un in bocca al lupo”, ha chiarito Belpietro.
E dalla prima pagina di Libero del 23 dicembre è proprio Belpietro a intervistare il suo compagno di avventura chiedendo qualche chiarimento anche sull’improvvisa dipartita di Feltri da Libero nell’agosto dello scorso anno.
“Stanchezza, un po’ di noia dovuta alla ripetitività, desiderio di fuga. Tutti pretesti in fondo. Ma ora ho capito di avere fatto la cosa giusta. Se non avessi provato il dolore del distacco, adesso non sarei felice di essere qui con voi, con te in particolare, perché saresti probabilmente ancora a Panorama e non avremmo più pedalato insieme…dopo una sbandata è nata una grande opportunità che comporta qualche rischio”.
La coppia Belpietro-Feltri dopo l’Europeo, l’Indipendente e il Giornale tornano e promettono di garantire “un’informazione insospettabile perché alle spalle non ci sono padroni”. Su Berlusconi riflettono e passato la paura della sfiducia Feltri dice che “se riesce a rimorchiare Casini va avanti almeno un anno senza scossoni”.
A partire da marzo, Feltri tornerà a scrivere, quando sarà scaduta la sanzione disciplinare dell’Ordine nazionale dei giornalisti sul caso Boffo.
Entrambi si dicono “berlusconiani”, ma non pagati dal premier. “Tutti sono pagati da Berlusconi, quelli che scrivono per Mondadori, quelli che fanno cinema. Noi no. E se qualcuno invece lo dirà allora chiederemo dei danni pazzeschi”, ha detto Feltri. Il loro obiettivo è crescere con questa nuova sfida: “Ci siamo garantiti con patti parasociali che prevedono la gestione a nostro carico. Siamo nel Cda e anche nel Cda avremo una maggioranza. Il nostro unico patto è stato una stretta di mano e l’augurarsi un in bocca al lupo”, ha chiarito Belpietro.
E dalla prima pagina di Libero del 23 dicembre è proprio Belpietro a intervistare il suo compagno di avventura chiedendo qualche chiarimento anche sull’improvvisa dipartita di Feltri da Libero nell’agosto dello scorso anno.
“Stanchezza, un po’ di noia dovuta alla ripetitività, desiderio di fuga. Tutti pretesti in fondo. Ma ora ho capito di avere fatto la cosa giusta. Se non avessi provato il dolore del distacco, adesso non sarei felice di essere qui con voi, con te in particolare, perché saresti probabilmente ancora a Panorama e non avremmo più pedalato insieme…dopo una sbandata è nata una grande opportunità che comporta qualche rischio”.
La coppia Belpietro-Feltri dopo l’Europeo, l’Indipendente e il Giornale tornano e promettono di garantire “un’informazione insospettabile perché alle spalle non ci sono padroni”. Su Berlusconi riflettono e passato la paura della sfiducia Feltri dice che “se riesce a rimorchiare Casini va avanti almeno un anno senza scossoni”.
NON POSSO VEDERE MIA FIGLIA MORGAN SI APPELLA A NAPOLITANO
"Non ho potuto dare il regalo di Natale a mia figlia, visto che la madre, da quanto riferito, l'avrebbe portata negli Usa senza il mio consenso". A renderlo noto è l'avvocato di Morgan, Giampaolo Cicconi che da sempre segue la vicenda della coppia. Il musicista Morgan, ex leader dei Bluvertigo, si è appellato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, come "supremo organo garante della costituzione e della morale", per chiedergli di intervenire sulla vicenda della figlia, Anna Lou, avuta dall'attrice Asia Argento e che ha compiuto 9 anni il 20 giugno di quest'anno. Asia Argento, che nel 2008 ha avuto un secondo figlio, Nicola Giovanni, dal regista Michele Civetta, in un'intervista a Vanity Fair aveva già spiegato: "Io non voglio togliere nulla a nessuno, tanto meno cancellare Marco dalla vita di Anna Lou. Stiamo parlando dell'aspetto legale della potestà genitoriale, quello morale è lui che ha deciso di non esercitarlo", aveva detto l'attrice poco prima dell'estate. Per lei l'importante era "non sottrarre il padre alla piccola, dovrà continuare a frequentarlo ma con delle garanzie: con incontri protetti sotto la vigilanza della nonna materna, ovvero di persona di fiducia della madre". "Mi batterò, farò il possibile per non perderela", aveva ripetuto appena possibile. Ma la volontà non è bastata e Asia Argento è volata negli Stati Uniti con il marito insieme ai due figli. Senza chiedere permessi che, per legge, può non chiedere.
giovedì 23 dicembre 2010
L'AFFASCINANTE SPIA DI PUTIN ORA ENTRA IN POLITICA
Anna Chapman, la più celebre delle spie russe espulse dagli Usa nel giugno scorso, ieri ha ufficialmente fatto il suo debutto in politica. Anna ‘La Rossa’ ha partecipato al congresso dei giovani di Russia Unita, il partito di Vladimir Putin, dove ha preso la parola.
“Iniziamo a cambiare il Paese da noi stessi”, ha detto: “Se ciascuno di noi è stato allietato dal nuovo giorno, allora potremo fare qualcosa di utile. Siate felici”, ha sottolineato dal palco.
Dopo essere stata decorata dal Cremlino come eroe nazionale, essere apparsa senza veli sulla copertina dell’edizione russa di Maxim dedicata alle 100 donne più sexy del mondo, la Chapman si è presentata al raduno sfoggiando un abito rosso-nero molto attillato, che ha mandato in visibilio i suoi fan. http://www.youtube.com/watch?v=NASwYBDuVxI&feature=fvst
“Iniziamo a cambiare il Paese da noi stessi”, ha detto: “Se ciascuno di noi è stato allietato dal nuovo giorno, allora potremo fare qualcosa di utile. Siate felici”, ha sottolineato dal palco.
Dopo essere stata decorata dal Cremlino come eroe nazionale, essere apparsa senza veli sulla copertina dell’edizione russa di Maxim dedicata alle 100 donne più sexy del mondo, la Chapman si è presentata al raduno sfoggiando un abito rosso-nero molto attillato, che ha mandato in visibilio i suoi fan. http://www.youtube.com/watch?v=NASwYBDuVxI&feature=fvst
domenica 19 dicembre 2010
GIANPAOLO PANSA DICE LA SUA SUL TEMA GIOVANILE....UN OPINIONE UN PO' DIVERSA DA QUELLA DI MAMMA VALENTINA
La minestra non scende dal cielo. L’avevate mai sentita questa? È un regola di vita che può essere tradotta nel modo seguente: il piatto di minestra non si riempie da solo. Quando ero un ragazzo, me lo sono sentito ripetere un’infinità di volte. Era una litania recitata soprattutto da mia nonna Caterina Zaffiro.
Lei dava molta importanza alla minestra. Anche perché da giovane vedova non sempre aveva potuto mangiarla. E non sempre era stata in grado di offrirla ai suoi sei bambini.
Volevo scrivere un Bestiario sui giovani rivoltosi che hanno messo a ferro e a fuoco il centro di Roma. Però mi rendo conto di essere partito da tempi troppo lontani.
I ragazzi di oggi che cavolo ne sanno dell’importanza di un piatto di minestra? E della difficoltà di procurarselo? Se hanno delle nonne, sono di sicuro signore ancora giovani, cresciute in un’Italia molto diversa da quella che circondava Caterina. E non recitano litanie.
Ma allora, visto che siamo alla fine dell’anno 2010, voglio raccontare qualcosa ai rivoltosi che si preparano a darci un Natale turbolento. Incoraggiati dalla convinzione di poterla fare franca di nuovo. Del resto, i loro compagni arrestati sono tornati subito in libertà, grazie alla clemenza dei magistrati che avrebbero dovuto tenerli in prigione per un po’ di tempo.
Credono che tutto gli sia dovuto. Si lamentano di non avere un futuro luminoso. Però non muovono un dito per costruirselo da soli. Anche perché vivono nell’illusione che la minestra, e tutto quello che viene dopo, sia un diritto privo di fatica e garantito dagli adulti.
State attenti, cari teppisti, cari sfasciatori di vetrine, di bancomat, di automobili, cari picchiatori di poveri poliziotti. Il mondo non gira come pensate voi. La vita che vi aspetta sarà molto più dura di quella dei vostri padri, dei vostri nonni, dei vostri bisnonni.
Non dovete credere alle favole che dei genitori distratti o troppo clementi vi hanno raccontato. Anche nell’epoca dei computer, di internet e dell’ipod vi potrebbe capitare di ritornare poveri. E di fare i conti con un’esistenza difficile, soprattutto per chi non ha un mestiere vero e finirebbe per ritrovarsi, lo dico alla buona, con le pezze al culo.
Allora, cari bamboccioni violenti, vi potrà servire la storia di mia nonna Caterina, quella del piatto di minestra. Non era nata nel Medioevo, ma nella seconda metà dell’Ottocento. E in una pianura, quella vercellese, a un tiro di schioppo da Torino e da Milano. Era analfabeta e così è rimasta sino alla morte, nel 1947. Non aveva mai un soldo in tasca e rimase vedova a 33 anni, con sei bambini da crescere. Il marito, Giovanni Eusebio Pansa, era un bracciante agricolo. E fu ucciso da un infarto mentre zappava il campo di un padrone.
I figli vennero mandati a lavorare da piccoli. Mio padre Ernesto, il quinto del gruppo, non riuscì neppure a finire le elementari. Aveva nove anni quando lo spedirono fare il servitore in un’azienda agricola, con l’incarico di portare le mucche al pascolo. Era così abituato a non possedere nulla che si ritenne fortunato il giorno che Vittorio Emanuele III, re d’Italia, lo chiamò alle armi e lo inviò al fronte, nella Terza Armata al comando del Duca d’Aosta. Aveva compiuto da poco i diciotto anni.
Tanto tempo dopo, gli chiesi come si fosse trovato nell’inferno della prima guerra mondiale. La sua risposta fu una lezione indimenticabile. Mi disse che si era trovato non bene, ma benissimo. L’esercito gli aveva dato il primo cappotto della sua vita, una novità strepitosa per un ragazzo che si difendeva dal freddo soltanto con una vecchia mantella. Poi un paio di scarponi nuovi, al posto delle scarpe di terza mano, sempre sfasciate. Poi ancora due pasti al giorno, e in uno c’era sempre un po’ di carne, la pietanza che in famiglia mettevano in tavola soltanto a Natale.
Infine, sempre sul fronte, assaggiò per la prima volta il cioccolato e fumò una sigaretta. Per ultimo, conobbe il piacere del sesso, sia pure nei bordelli della Terza Armata. Che, per volere del Duca d’Aosta, pare fossero i migliori dell’intero esercito italiano.
L’unico rammarico di Ernesto riguardava il fratello maggiore, Paolo. Lui non aveva potuto godere di tutto quel ben di Dio per un motivo banale. Paolo era emigrato negli Stati Uniti e lì faceva il muratore. Lavorava a New York e proprio il giorno d’inizio della guerra cadde da un’impalcatura e morì. Venne sepolto nel cimitero di Brooklin ed ebbe una lapide povera com’era sempre stata la sua vita.
Partendo dal piatto di minestra, sono arrivato a descrivere un’Italia ben più miseranda di oggi. La mia conclusione è semplice e schietta. Cari ragazzi teppisti, sono un vecchio signore che ha dovuto conquistarsi tutto. E voglio rivelarvi che di voi me ne fotto. Volete avere un futuro? Pensateci da soli e datevi da fare.
Ho estratto una sintesi dell'articolo di Gianpaolo Pansa pubblicato da il "Riformista", sul tema giovani.
Lei dava molta importanza alla minestra. Anche perché da giovane vedova non sempre aveva potuto mangiarla. E non sempre era stata in grado di offrirla ai suoi sei bambini.
Volevo scrivere un Bestiario sui giovani rivoltosi che hanno messo a ferro e a fuoco il centro di Roma. Però mi rendo conto di essere partito da tempi troppo lontani.
I ragazzi di oggi che cavolo ne sanno dell’importanza di un piatto di minestra? E della difficoltà di procurarselo? Se hanno delle nonne, sono di sicuro signore ancora giovani, cresciute in un’Italia molto diversa da quella che circondava Caterina. E non recitano litanie.
Ma allora, visto che siamo alla fine dell’anno 2010, voglio raccontare qualcosa ai rivoltosi che si preparano a darci un Natale turbolento. Incoraggiati dalla convinzione di poterla fare franca di nuovo. Del resto, i loro compagni arrestati sono tornati subito in libertà, grazie alla clemenza dei magistrati che avrebbero dovuto tenerli in prigione per un po’ di tempo.
Credono che tutto gli sia dovuto. Si lamentano di non avere un futuro luminoso. Però non muovono un dito per costruirselo da soli. Anche perché vivono nell’illusione che la minestra, e tutto quello che viene dopo, sia un diritto privo di fatica e garantito dagli adulti.
State attenti, cari teppisti, cari sfasciatori di vetrine, di bancomat, di automobili, cari picchiatori di poveri poliziotti. Il mondo non gira come pensate voi. La vita che vi aspetta sarà molto più dura di quella dei vostri padri, dei vostri nonni, dei vostri bisnonni.
Non dovete credere alle favole che dei genitori distratti o troppo clementi vi hanno raccontato. Anche nell’epoca dei computer, di internet e dell’ipod vi potrebbe capitare di ritornare poveri. E di fare i conti con un’esistenza difficile, soprattutto per chi non ha un mestiere vero e finirebbe per ritrovarsi, lo dico alla buona, con le pezze al culo.
Allora, cari bamboccioni violenti, vi potrà servire la storia di mia nonna Caterina, quella del piatto di minestra. Non era nata nel Medioevo, ma nella seconda metà dell’Ottocento. E in una pianura, quella vercellese, a un tiro di schioppo da Torino e da Milano. Era analfabeta e così è rimasta sino alla morte, nel 1947. Non aveva mai un soldo in tasca e rimase vedova a 33 anni, con sei bambini da crescere. Il marito, Giovanni Eusebio Pansa, era un bracciante agricolo. E fu ucciso da un infarto mentre zappava il campo di un padrone.
I figli vennero mandati a lavorare da piccoli. Mio padre Ernesto, il quinto del gruppo, non riuscì neppure a finire le elementari. Aveva nove anni quando lo spedirono fare il servitore in un’azienda agricola, con l’incarico di portare le mucche al pascolo. Era così abituato a non possedere nulla che si ritenne fortunato il giorno che Vittorio Emanuele III, re d’Italia, lo chiamò alle armi e lo inviò al fronte, nella Terza Armata al comando del Duca d’Aosta. Aveva compiuto da poco i diciotto anni.
Tanto tempo dopo, gli chiesi come si fosse trovato nell’inferno della prima guerra mondiale. La sua risposta fu una lezione indimenticabile. Mi disse che si era trovato non bene, ma benissimo. L’esercito gli aveva dato il primo cappotto della sua vita, una novità strepitosa per un ragazzo che si difendeva dal freddo soltanto con una vecchia mantella. Poi un paio di scarponi nuovi, al posto delle scarpe di terza mano, sempre sfasciate. Poi ancora due pasti al giorno, e in uno c’era sempre un po’ di carne, la pietanza che in famiglia mettevano in tavola soltanto a Natale.
Infine, sempre sul fronte, assaggiò per la prima volta il cioccolato e fumò una sigaretta. Per ultimo, conobbe il piacere del sesso, sia pure nei bordelli della Terza Armata. Che, per volere del Duca d’Aosta, pare fossero i migliori dell’intero esercito italiano.
L’unico rammarico di Ernesto riguardava il fratello maggiore, Paolo. Lui non aveva potuto godere di tutto quel ben di Dio per un motivo banale. Paolo era emigrato negli Stati Uniti e lì faceva il muratore. Lavorava a New York e proprio il giorno d’inizio della guerra cadde da un’impalcatura e morì. Venne sepolto nel cimitero di Brooklin ed ebbe una lapide povera com’era sempre stata la sua vita.
Partendo dal piatto di minestra, sono arrivato a descrivere un’Italia ben più miseranda di oggi. La mia conclusione è semplice e schietta. Cari ragazzi teppisti, sono un vecchio signore che ha dovuto conquistarsi tutto. E voglio rivelarvi che di voi me ne fotto. Volete avere un futuro? Pensateci da soli e datevi da fare.
Ho estratto una sintesi dell'articolo di Gianpaolo Pansa pubblicato da il "Riformista", sul tema giovani.
sabato 18 dicembre 2010
LETTERA DI UNA MAMMA....ALLA NOSTRA INDIFFERENZA
Da un finestrone del reparto maternità dell'allora già vetusto ospedale Principessa Jolanda di Milano (oggi non c'è più) ho potuto ammirare la cupola di Santa Maria delle Grazie del Bramante incorniciata da un cielo terso, luminoso e azzurro che sembrava finto, nel quale, a far da contrappunto alla luna, brillava una stella solitaria. Uno scenario di rara bellezza che mi era sembrato un ottimo auspicio per la mia bambina appena nata.
Oggi trent'anni dopo sono una madre molto arrabbiata. Non è mia figlia che mi ha deluso. E non è di lei che voglio parlare, ma dell'indifferenza di chi assiste senza scomporsi al dramma della sua generazione. Alla sua età io avevo già fatto molti sacrifici, ma avevo prospettive concrete di crescita professionale e di fare progetti per la vita. Per mia figlia e la grande maggioranza dei suoi coetanei i sacrifici non bastano: con questi giovani la realtà è stata, ed è, avara di occasioni e ladra di sogni. Possono anche dimostrare di valere, ma non hanno la libertà di inventarsi il futuro. Non siamo stati capaci di difendere il futuro dei nostri figli. Abbiamo creduto che bastasse aver conquistato certi diritti per avere la certezza che sarebbero durati all'infinito. Complice un diffuso benessere, amplificato in principio dal «riflusso» degli anni Ottanta, abbiamo un po' dormito sugli allori. Noi, che abbiamo potuto realizzarci grazie al lavoro, li abbiamo cresciuti nella certezza che il loro futuro sarebbe stato migliore. Basta con l'alibi della crisi globale che paralizza la crescita del Paese. In tempi di crisi c'è anche chi si arricchisce. Credo che abbia ragione chi dice che è finito il tempo del posto fisso perché il mercato del lavoro esige sempre più flessibilità, ma andare in questa direzione senza criterio né tutele non è un passo avanti. Il processo di trasformazione sociale in atto non dovrebbe essere solo un prezzo da pagare. I giovani hanno capacità di adattamento, ma non vogliono e non devono essere ingiustamente penalizzati. Un lavoro dignitoso e flessibile ma con garanzie graduali, fino a raggiungere una certa stabilità, è un elemento importante per ridare fiducia e contribuire al rilancio dell'economia. Non lo dico io, che sono solo una madre arrabbiata, l'hanno detto e lo dicono ripetutamente economisti e giuslavoristi importanti.
Io ho letto con molta attenzione questa lettera e devo dire che la condivido solo in parte. Il ciclone che ci
ha investito a partire dalla fine degli anni ottanta, fa sì che noi ed il sistema in generale non per indifferenza,
ma soprattutto per paura, ci ha portato sin qui. Continuiamo ad aiutare direttamente i nostri figli o nipoti con i mezzi che ancora ci restano, ma siamo obsoleti ed eticamente non all'altezza per cambiare il
sistema, per cui come è sempre successo in passato, tocca a loro rimodellare la società, io sono certo
che troveranno il modo. Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno...accontentiamoci di prendere atto
che una parte del mondo, fino agli anni novanta, chiusa ed impermeabile ai nostri prodotti, dai paesi emergenti del bric e dell'Africa oggi stanno molto meglio e cominciano a consumare anche i nostri marchi e le
griffes che diversamente non avrebbero più avuto uno sbocco.
Oggi trent'anni dopo sono una madre molto arrabbiata. Non è mia figlia che mi ha deluso. E non è di lei che voglio parlare, ma dell'indifferenza di chi assiste senza scomporsi al dramma della sua generazione. Alla sua età io avevo già fatto molti sacrifici, ma avevo prospettive concrete di crescita professionale e di fare progetti per la vita. Per mia figlia e la grande maggioranza dei suoi coetanei i sacrifici non bastano: con questi giovani la realtà è stata, ed è, avara di occasioni e ladra di sogni. Possono anche dimostrare di valere, ma non hanno la libertà di inventarsi il futuro. Non siamo stati capaci di difendere il futuro dei nostri figli. Abbiamo creduto che bastasse aver conquistato certi diritti per avere la certezza che sarebbero durati all'infinito. Complice un diffuso benessere, amplificato in principio dal «riflusso» degli anni Ottanta, abbiamo un po' dormito sugli allori. Noi, che abbiamo potuto realizzarci grazie al lavoro, li abbiamo cresciuti nella certezza che il loro futuro sarebbe stato migliore. Basta con l'alibi della crisi globale che paralizza la crescita del Paese. In tempi di crisi c'è anche chi si arricchisce. Credo che abbia ragione chi dice che è finito il tempo del posto fisso perché il mercato del lavoro esige sempre più flessibilità, ma andare in questa direzione senza criterio né tutele non è un passo avanti. Il processo di trasformazione sociale in atto non dovrebbe essere solo un prezzo da pagare. I giovani hanno capacità di adattamento, ma non vogliono e non devono essere ingiustamente penalizzati. Un lavoro dignitoso e flessibile ma con garanzie graduali, fino a raggiungere una certa stabilità, è un elemento importante per ridare fiducia e contribuire al rilancio dell'economia. Non lo dico io, che sono solo una madre arrabbiata, l'hanno detto e lo dicono ripetutamente economisti e giuslavoristi importanti.
Io ho letto con molta attenzione questa lettera e devo dire che la condivido solo in parte. Il ciclone che ci
ha investito a partire dalla fine degli anni ottanta, fa sì che noi ed il sistema in generale non per indifferenza,
ma soprattutto per paura, ci ha portato sin qui. Continuiamo ad aiutare direttamente i nostri figli o nipoti con i mezzi che ancora ci restano, ma siamo obsoleti ed eticamente non all'altezza per cambiare il
sistema, per cui come è sempre successo in passato, tocca a loro rimodellare la società, io sono certo
che troveranno il modo. Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno...accontentiamoci di prendere atto
che una parte del mondo, fino agli anni novanta, chiusa ed impermeabile ai nostri prodotti, dai paesi emergenti del bric e dell'Africa oggi stanno molto meglio e cominciano a consumare anche i nostri marchi e le
griffes che diversamente non avrebbero più avuto uno sbocco.
lunedì 13 dicembre 2010
IL COMUNICATO DI SILVANO MOFFA AGGIUNGE SUSPANCE AL VOTO DI FIDUCIA
" Prendo atto, con profonda amarezza, che il Presidente Fini ha praticamente bollato come ' tardiva ' e inutile l'iniziativa che con altri parlamentari di Fli e del Pdl avevo assunto inviando una lettera-documento al Presidente del Consiglio,Silvio Berlusconi, e allo stesso Presiente della Camera,Gianfranco Fini, al solo scopo di offrire una possibile via di uscita dalla crisi politica nell'interesse del Paese.
All'amarezza si aggiunge la constatazione della assoluta ineluttabilità' della decisione annunciata da Fini ai microfoni della trasmissione "in 1/2 h" di votare la sfiducia al governo e di passare all'opposizione a prescindere dall'esito del voto di martedì'. Decisione che, per quanto mi riguarda, rende praticamente superflua la riunione dei gruppi parlamentari di Fli fissata per domani sera, vanificando di fatto ogni serio confronto con quanti hanno aderito a Futuro e Liberta' senza rinunciare alla propria libertà' di pensiero e di coscienza.
Continuo a pensare che gli italiani attendono da noi tutti segnali di responsabilità', soprattutto a fronte di una complessa e grave situazione economica e sociale. Grandi sono quei leader politici che, nei momenti difficili, riescono ad abbattere il muro della diffidenza per offrire orientamento e ricreare un clima di fiducia collettiva."
TREMONTI E DRAGHI HANNO IDEE DIVERSE SUL LANCIO DELL'EUROBOND
Junker aveva rilanciato con Giulio Tremonti la proposta di emettere delle obbligazioni europee garantite dal bilancio di tutti gli Stati dell’unione, dopo il rifiuto tedesco di aderire all’idea aveva ingaggiato un’aspra polemica con Angela Merkel fino a tacciarla di antieuropeismo. Ma venerdì mattina ha scoperto che il governatore della Banca d’Italia, cioè l’altra massima autorità economica dello stesso Paese che aveva lanciato la proposta, bocciava l’idea senza appello e criticava anche l’eccessivo acquisto di titoli di Stato dei paesi in difficoltà da parte della Banca centrale europea. A memoria degli operatori finanziari non si ricordava una divergenza così esplicita fra un governatore e un ministro economico dello stesso Paese dai tempi in cui esistevano le valute nazionali e il governo della moneta poteva confliggere, anche aspramente, con il governo dell’economia e i tempi della politica. Draghi ha dunque allentato la pressione sulla Germania facendo apparire più isolata l’iniziativa di Tremonti e degli altri ministri delle finanze degli stati periferici, una sponda insperata per la Germania di Angela Merkel e la Bundesbank tedesca che vogliono mettere l’Europa davanti alla scelta: adeguarsi agli standard tedeschi o sfaldarsi sotto le spinte della speculazione internazionale.
domenica 12 dicembre 2010
BENVENUTO AL MUSEO DEL NOVECENTO DI MILANO
Oggi, dopo 3 anni di lavori, tanti ritardi (alcuni dei quali dovuti al ritrovamento di una pavimentazione romana oggi visitabile nel sotterraneo del museo) e circa 28 milioni di euro spesi per la sua riconversione, ha finalmente aperto i battenti nel capoluogo meneghino il nuovo “ Museo del Novecento”: a curarne la progettazione, gli architetti Italo Rota e Fabio Fornasari, mentre alla direzione troviamo una donna, Marina Pugliese, curatrice d’arte genovese, già responsabile delle collezioni di arte del XX secolo per il Comune di Milano.
Circa 4500 mq di esposizione che si snodano in diverse sale, ognuna delle quali ripercorre tappe salienti del Novecento, dal Futurismo all’Arte Povera, introdotte fisicamente e simbolicamente dal celebre Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, ubicato all’ingresso, che segna dunque l’entrata ufficiale nel XX secolo. 400 le opere in mostra da Boccioni a De Chirico, da Braque a Picasso, Modigliani, Matisse, Mondrian, Kandinskij, Paul Klee, Balla, Penone in un excursus che, curiosamente non si spinge oltre gli anni ’60 e si snoda in una struttura quasi labirintica accuratamente progettata affinché si crei un estremo legame tra museo, opere d’arte e città all’esterno, così come suggerito dagli scorci ammirabili da vari angoli del museo sulla Piazza del Duomo e sulle architetture eterogenee che si stagliano lontano.
Le opere in mostra, solo una piccola quantità rispetto a quelle presenti nei caveau che verranno esposte successivamente, provengono quasi tutte dalle Civiche Raccolte Artistiche del Comune di Milano: alcune dal Cimac, l’ex Civico Museo di arte contemporanea di Milano, altre dalla GAM (tra cui anche il Quarto Stato) altre ancora da istituzioni e fondazioni private quali la Fondazione Fontana o Banca Intesa.
A finanziare il progetto, atteso già nel 2009 in concomitanza dei festeggiamenti per il centenario del Futurismo, il Comune di Milano, accanto ai due main sponsor, Gruppo Finmeccanica e Bank of America Merryl Lynch.
Da buon museo d’avanguardia, lo spazio dell’Arengario non pecca di avarizia negli spazi riservati ai servizi aggiuntivi: un grande bookshop di oltre 170 mq ideato da Michele De Lucchi e gestito da Mondadori Electa,offre anche spazi di informazione e di approfondimento legati alle opere del museo, e un ristorante aperto fino a tarda serata con oltre 70 coperti abbina l’arte pittorica e scultorea a quella culinaria sotto l’egida dello chef milanese Giacomo Bulleri.
L’ingresso sarà inoltre gratuito fino all’inizio di marzo, mese in cui si punteranno invece i riflettori sulla prima mostra temporanea, dedicata all’arte pubblica in Italia negli anni ’60 e ’70 e curata da Silvia Bignami e Alessandra Pierelli.
Per il momento, l’immenso neon di Lucio Fontana per la Triennale di Milano del 1951, splende di nuovo come un’insegna della modernità sul nuovo museo e sulla Piazza di Milano: ad indicare che forse, è proprio dalla cultura che si dovrebbe ripartire per guardare al futuro.
Circa 4500 mq di esposizione che si snodano in diverse sale, ognuna delle quali ripercorre tappe salienti del Novecento, dal Futurismo all’Arte Povera, introdotte fisicamente e simbolicamente dal celebre Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, ubicato all’ingresso, che segna dunque l’entrata ufficiale nel XX secolo. 400 le opere in mostra da Boccioni a De Chirico, da Braque a Picasso, Modigliani, Matisse, Mondrian, Kandinskij, Paul Klee, Balla, Penone in un excursus che, curiosamente non si spinge oltre gli anni ’60 e si snoda in una struttura quasi labirintica accuratamente progettata affinché si crei un estremo legame tra museo, opere d’arte e città all’esterno, così come suggerito dagli scorci ammirabili da vari angoli del museo sulla Piazza del Duomo e sulle architetture eterogenee che si stagliano lontano.
Le opere in mostra, solo una piccola quantità rispetto a quelle presenti nei caveau che verranno esposte successivamente, provengono quasi tutte dalle Civiche Raccolte Artistiche del Comune di Milano: alcune dal Cimac, l’ex Civico Museo di arte contemporanea di Milano, altre dalla GAM (tra cui anche il Quarto Stato) altre ancora da istituzioni e fondazioni private quali la Fondazione Fontana o Banca Intesa.
A finanziare il progetto, atteso già nel 2009 in concomitanza dei festeggiamenti per il centenario del Futurismo, il Comune di Milano, accanto ai due main sponsor, Gruppo Finmeccanica e Bank of America Merryl Lynch.
Da buon museo d’avanguardia, lo spazio dell’Arengario non pecca di avarizia negli spazi riservati ai servizi aggiuntivi: un grande bookshop di oltre 170 mq ideato da Michele De Lucchi e gestito da Mondadori Electa,offre anche spazi di informazione e di approfondimento legati alle opere del museo, e un ristorante aperto fino a tarda serata con oltre 70 coperti abbina l’arte pittorica e scultorea a quella culinaria sotto l’egida dello chef milanese Giacomo Bulleri.
L’ingresso sarà inoltre gratuito fino all’inizio di marzo, mese in cui si punteranno invece i riflettori sulla prima mostra temporanea, dedicata all’arte pubblica in Italia negli anni ’60 e ’70 e curata da Silvia Bignami e Alessandra Pierelli.
Per il momento, l’immenso neon di Lucio Fontana per la Triennale di Milano del 1951, splende di nuovo come un’insegna della modernità sul nuovo museo e sulla Piazza di Milano: ad indicare che forse, è proprio dalla cultura che si dovrebbe ripartire per guardare al futuro.
sabato 11 dicembre 2010
MODI' IMPAZZA....DUE NUOVE MOSTRE DEL MAESTRO LIVORNESE
È Modìmania. Amedeo Modigliani continua a far discutere, svelando nuovi segreti e aspetti ancora poco esplorati. Il 18 dicembre si inaugura al Mart di Rovereto una mostra di raro rigore filologico-critico che, sottraendosi alla moda purtroppo sempre più diffusa degli eventi blockbuster, coniuga studio e messa in scena. Una retrospettiva (curata da Gabriella Belli, Flavio Fergonzi e Alessandro Del Puppo) che presenta per la prima volta, insieme con molti materiali di archivio (disegni, appunti, missive), una parte significativa del corpus delle sculture «certe» dell’artista livornese, eseguite tra il 1911 e il 1913. Un itinerario cui, idealmente, si ricollega un’esposizione al Museo Civico Castello Ursino di Catania (dall’ 11 dicembre): una ricca carrellata di ritratti dipinti e scolpiti. E, soprattutto, un «foglio» inedito del 1919, ritrovato sul retro di una lettera. Uno schizzo, che rientra nel ciclo dedicato da Modigliani all’iconografia religiosa: forse, la traccia di un possibile soggiorno siciliano. Vi è rappresentata Sant’Agata. La martire adolescente patrona di Catania appare come una principessa, definita da linee accennate: viso allungato, decorata con gioielli, accompagnata da un crocifisso.
ORA BELEN RISCHIA DI ESSERE TAGLIATA DALLA TELECOM ITALIA
L'ultima ondata di spot mandati in onda dal colosso della telefonia non ha ottenuto il riscontro aspettato: i ritorni dal punto di vista commerciale sarebbero stati inferiori alle aspettative e per questo motivo per la showgirl sudamericana Belen Rodriguez potrebbe non esserci il rinnovo di contratto. Belen e De Sica stanno impazzando sugli schermi tv anche grazie al promo dell'ultimo cinepanettone di prossima uscita, «Natale in Sudafrica», che li vede protagonisti insieme ai soliti volti noti della programmazione natalizia, da Massimo Ghini a Max Tortora. Ma mentre il balletto sulle note di Waka Waka finisce, anche loro malgrado, per inserirsi con forza nella testa degli spettatori, gli spot sembrano non avere avuto l'appeal sperato. La Telecom
Italia «avrebbe convocato ben sei agenzie di comunicazione per dare il via ad una nuova campagna e le proposte sono attese già entro metà dicembre. Le sei agenzie sono: Leo Burnett, ideatore dell'attuale format, Lowe Pirella Fronzoni, Armando Testa, Kein Russo, Santo e Publici».
Italia «avrebbe convocato ben sei agenzie di comunicazione per dare il via ad una nuova campagna e le proposte sono attese già entro metà dicembre. Le sei agenzie sono: Leo Burnett, ideatore dell'attuale format, Lowe Pirella Fronzoni, Armando Testa, Kein Russo, Santo e Publici».
CHIUDE IL VERTICE SUL CLIMA DI CANCUN....CON QUALCHE SPERANZA
Eppure dopo il fallimento del vertice di Copenaghen dello scorso anno questo pacchetto messicano appare come un faro ad illuminare la nebbia che avvolge la nostra povera terra inquinata. Dentro c’é scritto che il protocollo di Kyoto deve continuare dopo la sua scadenza naturale, il 2012. E che i paesi che vi aderiscono dovranno tagliare le loro emissioni di CO2 da un minimo del 25 ad un massimo del 40%. Non era scontato. Anzi. E’ stata Patricia Espinosa che si è andata a prendere ad uno ad uno i dissenzienti di Kyoto, a cominciare dal Giappone. E’ stata lei a convincere anche la Russia ed il Canada. Lei che si è presa le lodi, pubbliche e sperticate, di un paese affatto docile, come l’India, per bocca del suo ministro Ramesh. Dentro il pacchetto ci sono anche i soldi del fast start per i Paesi in via di sviluppo (30 miliardi di dollari, 410 milioni da parte dell’Italia ) e poi il Green climate fund, un fondo per far decollare l’economia verde nel mondo con 100 miliardi di dollari l’anno gestito per tre anni dalla Banca mondiale e da 40 Paesi membri (25 in via di sviluppo e 15 sviluppati). Anche Felipe Calderon, il presidente messicano, può ridere, stanotte. «Ma chi è stata davvero straordinaria è stata la presidente della conferenza Patricia Espinosa», dice Stefania Prestigiacomo, il nostro ministro dell’Ambiente, con un pizzico di amaro in bocca: «Non avremmo potuto farcela anche noi in Europa, lo scorso anno a Copengahen?».
giovedì 9 dicembre 2010
PUTIN CRITICA L'ARRESTO DI ASSANGE
Vladimir Putin ha definito ipocrita e antidemocratico l'arresto di Julian Assange. Mette in dubbio la correttezza dell’arresto chiedendo: «Se si parla di democrazia, occorre che sia totale. Perché è stato messo Assange in prigione? È questa la democrazia?» ha detto l’uomo forte di Mosca. «Bisogna cominciare a spazzare davanti alla propria porta. Giro la palla ai colleghi americani» ha detto Putin prendendo la parola per rispondere a una domanda rivolta al premier francese François Fillon in una conferenza stampa congiunta. La domanda riguardava i dubbi sulla democrazia in Russia e sulla descrizione di una Russia corrotta e mafiosa contenuti nei documenti diplomatici americani resi pubblici da WikiLeaks. «Pensate che il servizio diplomatico Usa sia una fonte cristallina d’informazioni? Lo pensate davvero?» ha chiesto ancora il premier russo.«Perché Assange è stato nascosto in prigione?» ha chiesto Putin, che ha poi usato una locuzione tipicamente russa «Sapete cosa dicono i nostri contadini: se la mucca di un altro muggisce, è meglio che la tua taccia».
TANZI CONDANNATO A 18 ANNI PER BANCAROTTA
Per il crac Parmalat da 14 miliardi di euro, il Tribunale di Parma ha condannato l'ex patron della società Calisto Tanzi a 18 anni di reclusione. Il pm aveva chiesto per lui 20 anni di reclusione. Sono condannati anche altri dirigenti della società. Il tribunale, presieduto da Eleonora Fiengo, ha emesso la sentenza dopo circa 6 ore di camera di consiglio.
Proprietario di numerose società, tra cui Parmalat da lui fondata nel 1961, e del Parma A. C. (divenuto Parma Football Club dopo la bancarotta Parmalat), l'imprenditore fu arrestato nel 2003 nell'ambito delle inchieste sul crac Parmalat. Il 18 dicembre 2008 fu condannato in primo grado e successivamente il 26 maggio 2010 in appello, per aggiotaggio, a 10 anni di reclusione a Milano. Il processo a Parma per bancarotta si è concluso con la condanna di oggi.
Proprietario di numerose società, tra cui Parmalat da lui fondata nel 1961, e del Parma A. C. (divenuto Parma Football Club dopo la bancarotta Parmalat), l'imprenditore fu arrestato nel 2003 nell'ambito delle inchieste sul crac Parmalat. Il 18 dicembre 2008 fu condannato in primo grado e successivamente il 26 maggio 2010 in appello, per aggiotaggio, a 10 anni di reclusione a Milano. Il processo a Parma per bancarotta si è concluso con la condanna di oggi.
mercoledì 8 dicembre 2010
IL 14 DICEMBRE SI AVVICINA
Qualcuno riferisce che per convincerlo Fini avrebbe addirittura proposto di formalizzare il tutto davanti a un notaio. Altri, invece, lo frenano, gli intimano di non fidarsi, ma soprattutto di non accettare trattative sull'unica arma che assicura al premier la ''sopravvivenza politica'': ovvero l'attuale legge elettorale.
La proposta del presidente della Camera al premier puo' essere cosi' riassunta: dai un segnale di discontinuita', sali al Colle e dimettiti prima del voto in Aula e noi ci impegniamo a sostenere un nuovo governo, da te guidato, in cui far entrare anche l'Udc. L'unica condizione posta e' una riforma della legge elettorale che modifichi il premio di maggioranza. Offerta che il premier non ha accettato, ma neanche rigettato. ''Ci sta riflettendo, anche perche' sono in molti a chiederglielo'', rivela un dirigente del partito. Un riferimento alle 'colombe': Gianni Letta, Angelino Alfano, Franco Frattini. Sarebbero loro a spingere il Cavaliere ad andare perlomeno a vedere le carte dell'ex alleato. I 'ragionieri' di Montecitorio continuano a ripetergli che avra' la maggioranza: 313 a 311 nelle peggiori previsioni. Lui dice di crederci, ma in realta' sa benissimo che sara' un roulette: ma e' disposto a correre il rischio, visto che considera altrettanto pericoloso salire al Colle con le dimissioni in mano. Se andasse bene, potrebbe allargare la maggioranza dopo aver incassato la fiducia, da una posizione di forza. Se al contrario andasse male, chiedera' le elezioni. Per ora, dunque, Berlusconi non cede. Diverso, a suo avviso, sarebbe il discorso se Fini desse ascolto alle 'colombe' di Fli, come Silvano Moffa secondo il quale ''le dimissioni del premier non sono necessarie'' visto che sarebbe ''sufficiente un patto di legislatura''.
La proposta del presidente della Camera al premier puo' essere cosi' riassunta: dai un segnale di discontinuita', sali al Colle e dimettiti prima del voto in Aula e noi ci impegniamo a sostenere un nuovo governo, da te guidato, in cui far entrare anche l'Udc. L'unica condizione posta e' una riforma della legge elettorale che modifichi il premio di maggioranza. Offerta che il premier non ha accettato, ma neanche rigettato. ''Ci sta riflettendo, anche perche' sono in molti a chiederglielo'', rivela un dirigente del partito. Un riferimento alle 'colombe': Gianni Letta, Angelino Alfano, Franco Frattini. Sarebbero loro a spingere il Cavaliere ad andare perlomeno a vedere le carte dell'ex alleato. I 'ragionieri' di Montecitorio continuano a ripetergli che avra' la maggioranza: 313 a 311 nelle peggiori previsioni. Lui dice di crederci, ma in realta' sa benissimo che sara' un roulette: ma e' disposto a correre il rischio, visto che considera altrettanto pericoloso salire al Colle con le dimissioni in mano. Se andasse bene, potrebbe allargare la maggioranza dopo aver incassato la fiducia, da una posizione di forza. Se al contrario andasse male, chiedera' le elezioni. Per ora, dunque, Berlusconi non cede. Diverso, a suo avviso, sarebbe il discorso se Fini desse ascolto alle 'colombe' di Fli, come Silvano Moffa secondo il quale ''le dimissioni del premier non sono necessarie'' visto che sarebbe ''sufficiente un patto di legislatura''.
ABELARDO ED ELOISA
Nel cimitero di Père Lachaise esiste ancora il monumento funerario per Abelar-
do ed Eloisa. Eretto nel 1779 nell’abbazia del Paracleto e trasferito nel cimitero
parigino nel 1815, quel ciborio goticheggiante è meta ancor oggi del pelegrinag-
gio romantico delle coppie di innamorati, sulle tracce di una storia d’amore che
a nove secoli di distanza fa ancora parlare di sé.
Un amore, quello tra il teologo e filosofo Abelardo e la giovane e brillante Eloisa,
vissuto nella Parigi dell’XI secolo, dove il mondo delle universita’ e dei goliardi
mette in crisi convenzioni e strutture sociali.
Su questo sfondo si muove Abelardo, nato nel 1079 in Bretagna e approdato alla
prestigiosa cattedra di Notre Dame, dopo aver combattuto con successo le idee di maestri di dialettica come Roscellino e Guglielmo di Champeaux. Egli nel 1118,
alle soglie dei quarant’anni ed ai vertici della fama, riceve dal canonico Fulberto
l’incarico di precettore della nipote Eloisa, orfana diciassettenne uscita dal mo-
nastero di Argenteuil, la cui intelligenza suscita ammirazione in tutta l’Ile de
France.
Abelardo, l’aveva notata immediatamente. Era l’unica donna in quel mare di
studenti che per ascoltarlo, erano arrivati da ogni parte del mondo: molti erano
principi, figli di re. Era giovanissima e bella, alta, la fronte ampia sotto la treccia
bionda, lunghe gambe, sguardo intelligente ed intenso. Scriveva di filosofia, dis-
sputava pubblicamente di teologia. Quando Fulberto gliela presentò, ella era ar-
rossita. Lo zio gongolava “cosa si potrebbe fare caro Abelardo, per vederci più
spesso”, gli aveva detto anche “vorrei tanto che tu frequentassi più a lungo mia
nipote”. Abelardo aveva saputo che lo zio era un taccagno “niente di più facile”,
gli aveva risposto “io do lezioni private a Eloisa e tu mi ospiti nella tua casa” e
così fu.
Eloisa e Abelardo, già dalla prima sera non avevano aperto un libro. I loro occhi
si erano incontrati, le mani si erano cercate e lui aveva cominciato a frugarle tra
le vesti, prima lei non voleva, poi volle sempre di più. Una passione travolgente,
un ansimare di corpi sul pavimento della casa dello zio, che intanto dormiva o li
credeva intenti a studiare. Una felicità senza fine. Lei diceva “farò tutto quello che vuoi, puoi chiedermi l’anima” e lui “non mi è mai accaduto, ero stato finora
casto, lo sai sono un chierico”. Lei allegra rispondeva “che importa, i chierici non fanno voti di castità”, così che lui bisbigliava”io si, perché volevo fare car-
riera ecclesiale, solo così potrò insegnare ed avere la mia prebenda”.
Egli si era dimenticato di tutto, non gli importava più niente, a scuola arrivava
assonnato, le sue lezioni avevano perso di smalto ed i suoi discepoli più assidui
e solerti si chiedevano preoccupati “cosa gli succede?” . Non fu difficile per loro
scoprire la tresca: Abelardo ed Eloisa si guardavano sperduti e smemorati anche
in pubblico, alle lezioni stavano vicini, si toccavano. L’invidia si sa non guarda in
faccia a nessuno. La felicità assoluta poi è un attimo, che fugge via l’istante suc-
cessivo. Anche nella nostra storia fu così, in poco tempo gli eventi presero una
piega infausta. Il frutto del loro amore fu Astrolabio, i due si sposarono segreta-
mente, per placare lo zio Fulberto. Dopo qualche tempo la notizia trapelò e Abe-
lardo, fu di fronte ad un bivio, scegliere l’amore e abbandonare la sua attività di
oratore o rinunciare all’amore ripudiando pubblicamente Eloisa. Egli cercò in-
vano una terza via, allontanò da se Eloisa, ma mantenne con lei un rapporto epi-
stolare e spirituale forte e per tutti cercò di tornare a rappresentare l’uomo che
era stato nel passato. Pubblicamente il giochetto riuscì, ma lo zio Fulberto, veni-
va spesso dileggiato, in quanto veniva criticato, di non aver saputo vigilare a suf-
ficenza sulla integrità dei due. Ben presto volle vendicarsi, assoldò due sicari ed
una notte essi agirono evirando Abelardo. Questo gesto riabilitò Fulberto anche
in veste di canonico di Notre Dame e tutti erano ora certi che anche Abelardo,
non sarebbe più caduto in tentazione. Effettivamente andò così i due amanti,
rimasero in contatto epistolare, rimpiangendo per il resto della loro vita, quei
pochi momenti di estasi. Alla morte di Abelardo, Eloisa chiese di essere sepolta
accanto a lui. Ma alla sua morte anche questo desiderio non venne esaudito,
solo nel 1815, probabilmente per dare lustro al nascente cimitero di Père La-
chaiese, si decise di riunire i loro resti.
ASSANGE L'UOMO CHE HA AMATO DUE DONNE DI TROPPO
Il fatto che durante il rapporto si era rotto il «condom», un evento che in seguito Sarah, una femminista radicale, ha definito «deliberato» da parte di Julian. Lì per lì però non ci fu animosità tra la svedese e il 39enne hacker australiano, che ha un figlio di 20 anni da una relazione giovanile fallita. Al punto che la funzionaria di partito continuò a ospitare Assange, organizzando perfino una festa in suo onore. A questo punto spunta «Jessica»: ventenne di Enkoping, una cittadina a 60 chilometri da Stoccolma. Vede Assange in televisione, in lei scocca la scintilla e si fa assumere tra i volontari che lavorano al seminario.
In quella occasione conosce anche Sarah. Avvicinato dalla ragazza, Assange non resiste e le fa la corte. Seguono vari incontri e un invito a vedersi a casa di lei. «Julian non aveva contanti, non voleva usare la carta di credito e "Jessica" gli comprò il biglietto del treno», scrive il Mail. Assange e la ragazza vanno a letto e fanno sesso due volte. Lui usa il preservativo, ma non fa il bis in un altro rapporto l'indomani mattina. Anche in quel caso il commiato è amichevole, con la promessa di rivedersi. Jessica però si spaventa: confida a Sarah di aver avuto un rapporto non protetto. A questo punto scoppia il patatrac: le due donne, che non sapevano l'una dell'altra, decidono di coalizzarsi contro l'hacker davanti a un magistrato. Spiega Sarah: «Non c'entra affatto il Pentagono. Assange è di un uomo con un'opinione distorta delle donne e a cui non piace farsi dire di no».
In quella occasione conosce anche Sarah. Avvicinato dalla ragazza, Assange non resiste e le fa la corte. Seguono vari incontri e un invito a vedersi a casa di lei. «Julian non aveva contanti, non voleva usare la carta di credito e "Jessica" gli comprò il biglietto del treno», scrive il Mail. Assange e la ragazza vanno a letto e fanno sesso due volte. Lui usa il preservativo, ma non fa il bis in un altro rapporto l'indomani mattina. Anche in quel caso il commiato è amichevole, con la promessa di rivedersi. Jessica però si spaventa: confida a Sarah di aver avuto un rapporto non protetto. A questo punto scoppia il patatrac: le due donne, che non sapevano l'una dell'altra, decidono di coalizzarsi contro l'hacker davanti a un magistrato. Spiega Sarah: «Non c'entra affatto il Pentagono. Assange è di un uomo con un'opinione distorta delle donne e a cui non piace farsi dire di no».
martedì 7 dicembre 2010
SILVIO E RENZI AD ARCORE
Lunedì pomeriggio il sindaco di Firenze fa visita a Berlusconi, in casa del premier, per parlare dello stanziamento per Firenze nella legge "milleproroghe" e ottenere il via libera per l'istituzione di una tassa di soggiorno che porterebbe nelle casse comunali fiorentine circa 15 milioni di euro all'anno, soldi provvidenziali per i conti in affanno di Palazzo Vecchio. "."Fossi il segretario del partito mi incazzerei", parla schietto Gavino Angius.
Dopo il silenzio iniziale, parla proprio il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ma non dice granchè di incisivo: "A mio gusto sarebbe stato meglio Palazzo Chigi se si trattava di discutere di un problema di Firenze...".
Anche su Facebook piovono critiche sulla testa del sindaco di Firenze. Nella bacheca del profilo dello stesso Renzi si legge: "Il sindaco di Firenze ha fatto una cappella, si può anche ammettere. Grave il fatto che non lo abbia detto subito ma sia stato costretto a 'confessarè, evidentemente non andava troppo fiero dell'nvito". E ancora: "Sei una grande delusione, quest'incontro non lo dovevi accettare, questo vuol dire che non sei una persona seria come volevi far credere. Detto bene fai schifo!", "Via su! Tutti ad Arcore dal padrino per ottenere qualcosa (?) propongo di riciclare palazzo Chigi e farne un condominio" o "Ma nooo ad Arcore nooooo! Ma Cooome ad Arcore?".
Renzi, però, non si scompone e sempre su Facebook replica: "Sono divertito dalle reazioni. Chi dice: con Berlusconi non si parla, come se lui non fosse premier. Chi dice: ad Arcore no, a Palazzo Chigi sì".
Dopo il silenzio iniziale, parla proprio il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ma non dice granchè di incisivo: "A mio gusto sarebbe stato meglio Palazzo Chigi se si trattava di discutere di un problema di Firenze...".
Anche su Facebook piovono critiche sulla testa del sindaco di Firenze. Nella bacheca del profilo dello stesso Renzi si legge: "Il sindaco di Firenze ha fatto una cappella, si può anche ammettere. Grave il fatto che non lo abbia detto subito ma sia stato costretto a 'confessarè, evidentemente non andava troppo fiero dell'nvito". E ancora: "Sei una grande delusione, quest'incontro non lo dovevi accettare, questo vuol dire che non sei una persona seria come volevi far credere. Detto bene fai schifo!", "Via su! Tutti ad Arcore dal padrino per ottenere qualcosa (?) propongo di riciclare palazzo Chigi e farne un condominio" o "Ma nooo ad Arcore nooooo! Ma Cooome ad Arcore?".
Renzi, però, non si scompone e sempre su Facebook replica: "Sono divertito dalle reazioni. Chi dice: con Berlusconi non si parla, come se lui non fosse premier. Chi dice: ad Arcore no, a Palazzo Chigi sì".
L'UOMO DEL MOMENTO
Completo blu, camicia bianca, cravatta abbinata all’abito tenuta molle intorno al collo, come un vero monello, Julian Assange è finalmente comparso al cospetto del mondo. Sembrava sereno. Poi, alla prima occasione, quando il cancelliere ha chiesto di sapere il suo domicilio, al capo del sito anti-segreti sono saltati i nervi. «Per la corrispondenza o che?», ha domandato stizzito. E a quel punto nell’aula uno della Magistrates Court di Westminster l’atmosfera s’è fatta tesa sul serio. «Comprendo i termini del mandato d’arresto - ha continuato - e non consento ad essere trasferito in Svezia». Poi è stato solo il silenzio. Assange - che ora come ora rischia di essere secondo solo a Osama bin Laden nel libro nero degli Usa - è riuscito insomma a far passare il messaggio forte e chiaro pur aprendo bocca in tutto due volte: se deve cadere cadrà lottando. Una vera sfinge, il fondatore e direttore di Wikileaks. Quando il giudice Howard Riddle gli ha negato la libertà su cauzione non s’è fatto scappare nemmeno una smorfia. È rimasto imperscrutabile anche mentre il PM Gemma Lindfield elencava i capi d’accusa in vece delle autorità svedesi. Ad Assange è stato dunque contestato di aver «molestato sessualmente Miss A» la notte del 14 agosto a Stoccolma «non facendo uso del preservativo» quando invece era suo «chiaro desiderio» e di averle «forzatamente» tenuto ferme le braccia. Il giornalista australiano l’avrebbe poi «molestata» di nuovo il 18 agosto. Il 17, invece, sarebbe stato il turno di «Miss W». Nel suo caso Assange avrebbe «impropriamente sfruttato» il fatto che lei stesse dormendo per fare sesso «non protetto». Queste le accuse. Quindi è venuto il momento della difesa. E lì s’è capito che Assange non è solo in questa battaglia. A suo favore hanno infatti deposto il regista Ken Loach, il guru del giornalismo John Pilger, e Jemima Khan, ex moglie dell’asso del cricket pachistano Imran Khan, ex fidanzata di Hugh Grant e sorella del deputato Tory Zac Goldsmith. I tre si sono detti disposti a pagare 20mila sterline a testa per la cauzione. Tutto inutile.
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