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domenica 13 febbraio 2011

ALTRE FLOTTE PREMONO AI CONFINI DEL BASSO IMPERO

Sono ammassati a migliaia sulle coste dall’altra parte del Mediterraneo. Molti riescono a imbarcarsi sui loro battelli e arrivano in Italia. Chissà quanti drammi. Ieri un barcone si è rovesciato con morti e dispersi al largo della Tunisia. Stiamo rivivendo un dramma. Sono passati vent’anni esatti da quell’agosto del 1991 quando alle 3,45 del mattino la motonave Vlora sbarcò oltre quindicimila albanesi nel porto di Bari. Era la piccola Albania. Un francobollo sul mappamondo.
Oggi sta esplodendo il Nord Africa. Il solo Egitto ha ottanta milioni di abitanti. Se decidessero di seguire l’esempio degli albanesi del Vlora e venissero via con la stessa percentuale fra migranti e popolazione reale potremmo trovarci di fronte a cifre da capogiro. Scappano dalla fame e dalla persecuzione politica. Sequestrati per decenni milioni di persone guardano al mare come alla via per la salvezza. La maggioranza cerca quel benessere che hanno visto in tv e che dubitano potrà essere assicurato nella stagione delle nuove democrazie medio-orientali. Viviamo in un paese che ha perso il gusto di guardare fuori dai propri confini per cogliere le opportunità e individuare i pericoli. La rivoluzione araba sta cambiando anche la nostra storia e cambierà il nostro modo di vivere, le nostre abitudini e il nostro modo di pensare. Siamo il paese di confine per eccellenza, quello a cui guardano tutti coloro che vogliono vivere meglio. Sono soprattutto giovani quelli che sbarcheranno nei porti siciliani o cercheranno altri approdi italiani. Hanno fretta di vivere. C’è un contrasto stridente fra la lentezza e l’anacronismo delle nostre discussioni sui grandi fenomeni migratori e la velocità con cui la realtà cambia intorno a noi. In queste settimane con le tv e Internet questi giovani musulmani che chiedevano democrazia, smentendo coloro che considerano quelle culture intrinsecamente autoritarie, si sono sentiti cittadini del mondo. Anche noi abbiamo vissuto piazza Tahir come un luogo nostro. E’ normale che molti dei ribelli varchino con il corpo quei confini che la Rete ha già superato. Quando mandammo a casa gli albanesi del Vlora avemmo gioco facile. Cacciare indietro l’avanguardia di un piccolo popolo sequestrato da una oligarchia rabbiosa non era impresa complicata. In due giorni l’efficiente prefetto Parisi, capo della polizia dell’epoca, li riportò a casa. Respingere libici, marocchini, egiziani, yemeniti, tunisini sarà impresa ardua. Eppure abbiamo sempre sperato che si accendesse la rivolta democratica in paesi che sembravano ostaggio di dittature feroci e minacciati dall’islamismo radicale. Non sappiamo che strada prenderanno queste rivoluzioni ma se sbarriamo le porte facciamo del male a noi e a loro. E poi le porte si possono davvero sbarrare?

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