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venerdì 21 gennaio 2011

ORA LA NOSTRA ATTENZIONE SI SPOSTA SUL CARROCCIO

Alla dead line del 28 gennaio manca meno di una settimana, mentre da Futuro e Libertà chiedono una proroga di sei mesi. E nella Lega le posizioni divergono. Da chi vorrebbe farlo passare a tutti i costi, magari svuotandolo di alcuni punti cardine, per dare manforte all’escutivo e avere un etichetta da portare agli elettori; a chi, data la situazione, preferirebbe non perderci troppo tempo e andare al voto; o chi invece opterebbe per una proficua collaborazione con l’opposizione. Una disparità di vedute che s’interseca suo malgrado con la tenuta della maggioranza e l’agognata caduta di Silvio Berlusconi da parte delle opposizioni.
Per una persona che ha lavorato anni su questa riforma, l’obiettivo è non smarrirla del tutto, soprattutto a pochi metri dal primo traguardo importante: la fiscalità dei comuni. «Il Governo - avverte Calderoli - non può dare proroghe termini, ma può impegnarsi, alla scadenza del termine il 28, ad attendere un’ulteriore settimana prima dell’emanazione del provvedimento». Per questo motivo, aggiunge il ministro della Semplificazione, «c’è la volontà di proseguire nel dialogo con l’Anci». Diamo tempo al tempo, insomma. A dargli manforte c’è un ministro dell’Economia che ieri in prima pagina sul Corriere, ricordava a Sergio Chiamparino che «il discorso continua». Lo stesso sindaco di Torino a sua volta, sulla Stampa, invitava Bossi a «mollare Silvio per il federalismo». Ma Calderoli non è Bossi. E al momento l’obiettivo è quello di trattare convincendo anche Mario Baldassarri, ago della bilancia in commissione bicamerale.
Nel già frammentato panorama leghista, non poteva che ritagliarsi un posto di primo piano pure il sempre più potente ministro dell’Interno Roberto Maroni. Mentre i sindacati di polizia rumoreggiano sul caso Ruby e sulle accuse partite dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, “Bobo” preferisce mantenersi distante dalle polemiche. Ma è una posizione forzata. In via Bellerio dicono che sia «furioso», tanto da aver già confessato ai suoi uomini più fidati della necessità di andare il prima possibile a votare. Sarebbe stato Bossi in persona a invitarlo a mantenere la calma sul “bunga bunga”.
Reguzzoni infine, starebbe intercettando il grosso malcontento dei sindaci del Carroccio sulla riforma voluta da Calderoli. Malumore ben raccontato da Attilio Fontana, presidente dell’Anci Lombardia, grande amico di Maroni, che proprio ieri a margine dell’insediamento del Consiglio delle Autonomie Locali al Pirelli, spiegava ai cronisti che «Chiamparino ha evidenziato la necessità di anticipare certi passaggi. E giovedì aveva ribadito che si dovrebbe avere avere chiarezza dell’entità delle somme che con questa nuova distribuzione verranno a ciascun comune».
Qui sta il punto. Sono diversi i primi cittadini del Carroccio che iniziano a mostrare preoccupazione per la tenuta delle proprie casse comunali. Questioni delicate, che incidono sulla vita stessa dei cittadini e quindi degli elettori. Insomma, bunga bunga a parte, anche nella Lega qualche dubbio su questo federalismo inizia a consolidarsi.
Pier Luigi Bersani, e dice ai suoi che «Bossi sta iniziando a ragionare». E chi, come Sergio Chiamparino o Pier Ferdinando Casini, sussurra che «il Senatur è pronto per il grande passo». Sia come sia, quando sono lontani da microfoni e taccuini, e non sono costretti a insistere (inutilmente) sul «passo indietro del premier», i big dell’opposizione sono tutti concentrati su un solo obiettivo: togliere il Senatur dall’abbraccio del Cavaliere. Con due paroline magiche: «federalismo fiscale».

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