Ecco
la lettera con cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
risponde all’intervento della presidente della Commissione europea
Ursula von der Leyen pubblicato ieri da Repubblica:
Cara
Ursula,
ho
apprezzato il sentimento di vicinanza e condivisione che ha ispirato
le parole con cui ieri, dalle pagine di questo giornale, ti sei
rivolta alla nostra comunità nazionale e, in particolare, al nostro
personale sanitario, che, con grande sacrificio e responsabilità, è
severamente impegnato nel fronteggiare questa emergenza. Le tue
parole sono la prova che la determinazione degli italiani ha scosso
le coscienze di tutti, travalicando i confini nazionali e ponendo la
riflessione oggi più urgente: cosa è disposta a fare l’Europa non
per l’Italia, ma per se stessa. In questi giorni ho ricordato
spesso come l’emergenza che stiamo vivendo richieda una risposta
straordinaria, poiché la natura e le caratteristiche della crisi in
corso sono tali da mettere a repentaglio l’esistenza stessa della
casa comune europea. Non abbiamo scelta, la sfida è questa: siamo
chiamati a compiere un salto di qualità che ci qualifichi come
"unione" da un punto di vista politico e sociale, prima
ancora che economico. L’Italia sa che la ricetta per reggere questa
sfida epocale non può essere affidata ai soli manuali di economia.
Deve essere la solidarietà l’inchiostro con cui scrivere questa
pagina di storia: la storia di Paesi che stanno contraendo debiti per
difendersi da un male di cui non hanno colpa, pur di proteggere le
proprie comunità, salvaguardando le vite dei suoi membri,
soprattutto dei più fragili, e pur di preservare il proprio tessuto
economico-sociale.
La
solidarietà europea, come hai tu stessa ricordato, nei primi giorni
di questa crisi non si è avvertita e ora non c’è altro tempo da
perdere. Accogliamo con favore la proposta della Commissione europea
di sostenere, attraverso il piano "Sure" da 100 miliardi di
euro, i costi che i governi nazionali affronteranno per finanziare il
reddito di quanti si trovano temporaneamente senza lavoro in questa
fase difficile. È una iniziativa positiva, poiché consentirebbe di
emettere obbligazioni europee per un importo massimo di 100 miliardi
di euro, a fronte di garanzie statali intorno ai 25 miliardi di euro.
Ma
le risorse necessarie per sostenere i nostri sistemi sanitari, per
garantire liquidità in tempi brevi a centinaia di migliaia di
piccole e medie imprese, per mettere in sicurezza occupazione e
redditi dei lavoratori autonomi, sono molte di più. E questo non
vale certo solo per l’Italia. Per questo occorre andare oltre.
Altri player internazionali, come gli Stati Uniti, stanno mettendo in
campo uno sforzo fiscale senza precedenti e non possiamo permetterci,
come italiani e come europei, di perdere non soltanto la sfida della
ricostruzione delle nostre economie, ma anche quella della
competizione globale.
Quando
si combatte una guerra, è obbligatorio sostenere tutti gli sforzi
necessari per vincere e dotarsi di tutti gli strumenti che servono
per avviare la ricostruzione. A questo proposito, nei giorni scorsi
ho lanciato la proposta di un’European Recovery and Reinvestment
Plan.
Si
tratta di un progetto coraggioso e ambizioso che richiede un supporto
finanziario condiviso e, pertanto, ha bisogno di strumenti innovativi
come gli European Recovery Bond: dei titoli di Stato europei che
siano utili a finanziare gli sforzi straordinari che l’Europa dovrà
mettere in campo per ricostruire il suo tessuto sociale ed economico.
Come ho già chiarito, questi titoli non sono in alcun modo volti a
condividere il debito che ognuno dei nostri Paesi ha ereditato dal
passato, e nemmeno a far sì che i cittadini di alcuni Paesi abbiano
a pagare anche un solo euro per il debito futuro di altri. Si tratta
- piuttosto - di sfruttare a pieno la vera "potenza di fuoco"
della famiglia europea, di cui tutti noi siamo parte, per dare vita a
un grande programma comune e condiviso di sostegno e di rilancio
della nostra economia, e per assicurare un futuro degno alle
famiglie, alle imprese, ai lavoratori, e a tutti i nostri figli.
Al
termine dell’ultimo Consiglio europeo dello scorso 26 marzo, ci
siamo dati due settimane di tempo per raccogliere questa sfida.
Purtroppo,
alcune anticipazioni dei lavori tecnici che ho potuto visionare non
sembrano affatto all’altezza del compito che la storia ci ha
assegnato.
Si
continua a insistere nel ricorso a strumenti come il Mes che appaiono
totalmente inadeguati rispetto agli scopi da perseguire, considerato
che siamo di fronte a uno shock epocale a carattere simmetrico, che
non dipende dai comportamenti di singoli Stati. È il momento di
mostrare più ambizione, più unità e più coraggio. Di fronte a una
tempesta come il Covid-19 che riguarda tutti, non serve un salvagente
per l’Italia: serve una scialuppa di salvataggio solida, europea,
che conduca i nostri Paesi uniti al riparo. Non chiediamo a nessuno
di remare per noi, perché abbiamo braccia forti. "Le decisioni
che prendiamo oggi verranno ricordate per anni. Daranno forma
all’Europa di domani", hai scritto ieri nel tuo intervento.
Sono d’accordo. Il 2020 sarà uno spartiacque nella storia della
Ue.
Ciascun
attore istituzionale sarà chiamato a rispondere, anche ai posteri,
delle proprie posizioni e del proprio operato. Solo se avremo
coraggio, se guarderemo davvero il futuro con gli occhi della
solidarietà e non col filtro degli egoismi, potremo ricordare il
2020 non come l’anno del fallimento del sogno europeo ma della sua
rinascita.
In
attesa di superare lo stallo su Coronabond e Mes, ieri la Commissione
europea ha lanciato ufficialmente il primo strumento anti-crisi. Si
tratta di Sure, (acronimo di Support to mitigate unemployment risks
in emergency), un fondo europeo contro la disoccupazione che
attraverso 25 miliardi di garanzie volontarie degli Stati permetterà
di finanziare le casse integrazioni nazionali o schemi simili di
protezione dei posti di lavoro. Sure funzionerà così: raccoglierà
risorse sui mercati emettendo bond con tripla A, quindi a tassi
bassissimi, che darà poi ai Paesi che ne hanno bisogno con scadenze
a lungo termine. «Con questo nuovo strumento di solidarietà
mobiliteremo 100 miliardi per mantenere le persone nei loro posti di
lavoro e sostenere le imprese» ha aggiunto la presidente della
Commissione Ursula von der Leyen.
Il
vice presidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis,
parlando con la Repubblica, afferma che l’Unione Europea tiene
aperte tutte le opzioni, compresi gli eurobond. Ecco la sua
intervista:
Cosa
propone Bruxelles per una reazione immediata alla crisi?
«Serve
una risposta rapida e senza precedenti. Nelle ultime settimane
abbiamo sospeso il Patto di stabilità e il divieto di aiuti di Stato
alle imprese.
Inoltre
ci sono state le decisioni della Bce. Oggi portiamo un nuovo
pacchetto: l’obiettivo è di preservare quanto più possibile
imprese e occupazione. Più aziende salviamo, più posti di lavoro
manteniamo, più veloce sarà la ripresa economica.
Ecco
perché abbiamo proposto "Sure", uno strumento che avrà
fino a 100 miliardi da prestare ai governi nazionali a condizioni
vantaggiose per sostenere gli ammortizzatori sociali. Inoltre abbiamo
accordato massima flessibilità su come usare i fondi europei:
potranno essere impiegati senza co-finanziamento nazionale e
trasferiti tra le regioni di un Paese».
Come
raccoglierete i 100 miliardi di "Sure"?
«Chiediamo
ai governi di fornirci garanzie per 25 miliardi: a quel punto la
Commissione andrà sui mercati per raccogliere soldi che presteremo a
condizioni favorevoli ai paesi che li richiederanno. "Sure"
è interessante per i Paesi che hanno alti costi di finanziamento sui
mercati».Va bene, ma basterà?
«Stiamo
mettendo in campo diverse misure capaci di aiutare i paesi con un
alto costo di finanziamento, altre sono in discussione. L’Unione e
i governi sono determinati a fare il necessario per assicurare una
ripresa rapida».
I
governi sono spaccati sul Mes: alcuni chiedono di attivarlo senza
condizionalità, altri invece vogliono impegni su un futuro di
austerità. La Commissione cosa ne pensa?
«È
logico usare il Mes come prossima linea di difesa perché è già
capitalizzato e ha già capacità di prestito. Dobbiamo trovare un
compromesso pragmatico, una soluzione su misura per questa crisi che
ci permetta di attivarlo. Una qualche forma di condizionalità è
legalmente necessaria, ma non stiamo parlando di una classica
condizionalità macroeconomica».
Si
litiga anche sulla possibilità di reperire risorse sui mercati per
aiutare l’economia a superare la recessione: lei è favorevole agli
Eurobond?
«Siamo
in costante contatto con i governi. Sappiamo che stanno preparando
delle proposte e sul tavolo c’è già quella francese. La
Commissione lo ha detto chiaramente: siamo aperti a ogni opzione,
abbiamo bisogno di una risposta ambiziosa, coordinata ed efficace
contro la crisi. Siamo pronti a facilitare questo lavoro».
Von
der Leyen ha affermato che il bilancio Ue dei prossimi sette anni
dovrà essere un Piano Marshall contro la crisi: ce la farete visto
che sul budget è sempre difficile mettere d’accordo i governi?
«Lavoriamo
al Recovery plan per far ripartire l’economia. Un suo elemento
importante sarà il bilancio.
Il
prossimo quadro finanziario dovrà essere ambizioso e dovrà
contenere una forte componente di investimenti per sostenere la
ripresa. Se lavoreremo seguendo il business as usual, passerà almeno
un anno prima che questi fondi siano immessi nell’economia. Non
possiamo accettarlo, abbiamo bisogno di soluzioni per mettere subito
in circuito il denaro».
Quindi
il dialogo non manca ma:
L’Europa
fatica a prendere una decisione politica sulla risposta da dare alla
paralisi economica provocata da Covid 19, per il momento si muovono i
singoli stati, con piani di salvataggio basati principalmente su un
aumento del debito. Ma se il bilancio non è solido, sale il rischio
di un declassamento del rating da parte delle agenzie, il che rende
molto più complicato il collocamento dei nuovi bond, se ne è avuto
un anticipo ieri con l'asta del nuovo bono spagnolo a trent'anni, la
domanda è stata molto fiacca, su livelli che non si vedevano da
circa dieci anni.
Intanto
nel mondo, 3,9 miliardi di persone, circa la metà del genere umano,
è costretta in casa. È stato superato il milione di contagi nei
numeri ufficiali, molto di più nella realtà, l'immunità di gregge
è ancora lontana.
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