Ammontano
a 100 miliardi di euro i nuovi aiuti che l’Ue discuterà
informalmente da oggi.
Non
denaro a pioggia, ma, come anticipato dalla presidente della
Commissione Ursula von der Leyen, nuove obbligazioni sul mercato
internazionale dei capitali e garantite da tutti gli stati membri.
Una mutualizzazione non del debito ma delle garanzie. Il ricavato
andrà a una sorta di cassa integrazione europea come prestiti ai
paesi più colpiti da disoccupazione causata dal coronavirus, e che
presentino piani attivi di rientro al lavoro. Se il compromesso
riceverà un primo via libera per affinarsi fino all’Eurogruppo del
7 aprile, ci si porta a casa il risultato, al di là di tutte le
polemiche faziose di questi giorni. Interverrebbe la Bei, la Banca
europea per gli investimenti.
BEI,
UNA POSSIBILE VIA DI FUGA
La Banca europea per gli investimenti (BEI) è proprietà comune dei paesi dell’UE. Il suo obiettivo è:
- accrescere le potenzialità dell'Europa in termini di occupazione e crescita
E' salita alla ribalta la Banca Europea degli Investimenti (BEI) nel ruolo di MES “buono”. In effetti, proprio il Direttore del MES Klaus Regling aveva dichiarato martedì scorso, al termine dell’Eurogruppo, che i coronabond ci sono già e sono le obbligazioni emesse dal MES (garantite dai 19 Paesi dell’Eurozona) e quelli emesse dalla BEI (garantite dai 27 Paesi della UE). Basta osservare le regole che questi istituti applicano per prestare denaro.Forte della garanzia degli Stati UE, raccoglie denaro sui mercati internazionali emettendo obbligazioni col massimo rating “AAA” (quindi a tassi prossimi allo zero) e li presta a favore di piccole e medie imprese ed enti locali prevalentemente della UE. Al 31/12/2019 aveva erogato prestiti per €560 miliardi, di cui 70 (12%) destinati all’Italia. Già il 16 marzo il Presidente della BEI è intervenuto, raschiando il fondo del bilancio, ed ha messo a disposizione prestiti che avrebbero attivato 40 miliardi di investimenti, poca cosa ma quello c’era in cassa. Ora, per erogare ulteriori prestiti ci vuole altro capitale o garanzie. Ma qui l’Italia deve mettere mano al portafoglio, perché è azionista della BEI al 19% circa, alla pari con Francia e Germania. L’ipotesi alla quale pare si stia lavorando è l’attivazione di un fondo di garanzia per 25 miliardi che potrebbe generare prestiti della BEI per 75 miliardi (la leva di 3,5 volte) che, a loro volta, concorrerebbero a finanziare investimenti per ulteriori 200 miliardi.
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