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lunedì 18 novembre 2013

LA VERA SFIDA DI RENZI COMINCERA' IL 9 DICEMBRE

Parlando di D’Alema, Renzi davanti ad un Fazio visibilmente imbarazzato ha dichiarato ieri sera: “ Lui pensa che se vinciamo noi distruggiamo la sinistra, dimenticando che l’hanno distrutta loro la sinistra. A noi purtroppo toccherà ricostruirla". Ha poi rincarato la dose "È la prima volta che D’Alema perde un congresso, lo voglio dire, Lui pensava di farmi infrangere contro il muro degli iscritti”. 
La dichiarazione di Massimo D'Alema non si è fatta attendere che poche ore. Questa mattina sempre su Rai 3 ad Agorà, pronta è stata la sua replica. "Il vero cavallo di battaglia di Renzi, che di idee nuove ne ha proposte pochissime, è continuare ad attaccare me", ha detto D'Alema parlando ad Agorà. "Vorrei ricordargli che noi le elezioni le abbiamo vinte due volte nel corso di questi anni e abbiamo portato la sinistra italiana per la prima volta nella sua storia al governo del Paese. Renzi è ignorante da questo punto di vista, mente. E' spiritoso, brillante, ma è superficiale e questo non depone molto a favore di chi dovrebbe diventare il leader del più grande partito italiano".

Secondo i dati forniti dal responsabile dell'organizzazione del Pd, Davide Zoggia, Matteo Renzi vince nei circoli con il 46,7%. Gianni Cuperlo è al 38,4%, Pippo Civati al 9,19% e Gianni Pittella leggermente sotto il 6%.
Il prossimo 8 dicembre, dunque, gli elettori del centrosinistra, saranno chiamati a scegliere tra i tre candidati arrivati primi alle votazioni nei circoli: Renzi, Cuperlo e Civati."Quelli che stiamo dando sono dati ancora ufficiosi visto che le presidenze dei congressi provinciali devono certificare i risultati e nel corso di queste ore si sta completando l'iter. Sono numeri che possono essere oggetto di variazioni ma non tanto significative da variare il quadro complessivo". Ha concluso Zoggia.

Già "Renzi, L'Italia cambia verso", questa l'aspettativa della probabile valanga di sostenitori che lo andrà a sostenere l'8 dicembre votandolo alle primarie. Le dichiarazioni fatte sono impegnative, il contesto nel quale si troverà ad operare, saranno le medesime o addirittura più difficili di chi lo ha preceduto per cui deve guardarsi prima di tutto dalla profezia che gli ha lanciato oggi lo stesso D'Alema "la miglior prova del budino, la si fa mangiandolo". Ha poi aggiunto con la sua tipica ironia "credo non mi piacerà...". Per cui Matteo è avvisato l'ala sinistra che da sempre è il nocciolo duro del partito non lo ama e lo aspetta al varco. I supporters pretenderanno da lui tutto e subito per cui non resta che fargli....tanti auguri. Visto comunque anche quanto sta avvenendo nel centro destra, va detto che la ruota sta riprendendo...a girare. Ora aspettiamo i....fatti, crescita, arresto emorragia posti di lavoro, diminuzione debito pubblico e tasse, riforme Istituzionali. Se sarà Matteo a darcele...evviva...evviva.

sabato 9 novembre 2013

L'EUROZONA ALLA RICERCA DI NUOVI EQUILIBRI

Già già ci eravamo lasciati la volta scorsa con la necessità che Draghi abbassasse il tasso di sconto. Lo ha fatto giovedi scorso, i media l'hanno definita "mossa a sorpresa", i mercati per ora danno segnali poco chiari. Evidentemente non è stata una "mossa a sorpresa", come già spiegato è da lungo tempo che in Eurozona non è certo l'inflazione lo spauracchio, ma piuttosto il suo contrario che crea e sforna nuovi disoccupati. In merito ai mercati ciò che ci si aspettava dopo la mossa di Draghi era l'inversione del trend ribassista del dollaro rispetto all'euro, il consolidamento ed il rientro degli spread dei paesi mediterranei ed il rilancio delle esportazioni dell'Eurozona. Ora è prematuro trarre conclusioni, ma alla mossa di Draghi si sono succeduti due fatti importanti.
Standard&Poor’s colpisce ancora. Dopo essere stata, nel gennaio 2012, la prima delle grandi agenzie di rating a declassare la Francia, escludendola dal ristretto club dei Paesi a tripla A, ieri ha nuovamente abbassato di un grado la notazione di Parigi, portandola da AA+ ad AA. Come il Belgio, uno scalino al di sotto dell’Austria. Parigi ha reagito al nuovo declassamento con irritazione e persino con una certa arroganza. Ma sarebbe sbagliato limitarsi a un contrattacco da "grandeur" ferita senza invece riconoscere che S&P si limita, di fatto, a fotografare la realtà. Peraltro pochi giorni dopo il duro giudizio della Commissione europea. Secondo la quale il deficit sarà l’anno prossimo leggermente superiore a quello previsto dal Governo (3,8% rispetto al 3,6%), ma soprattutto sarà del 3,7% nel 2015, quando la Francia - che ha già ottenuto due anni di slittamento da parte di Bruxelles - dovrebbe invece centrare il target del 3 per cento. Mentre la disoccupazione dovrebbe salire ulteriormente, fino all’11,3 per cento.


E nello stesso giorno in cui sono arrivate molte altre brutte notizie: il deficit commerciale di settembre è salito a 5,8 miliardi, la produzione industriale è scesa dello 0,5%, i fallimenti sono aumentati del 4,2% (con la prospettiva di chiudere l’anno in crescita di oltre il 5%) e le aziende industriali - i cui margini non sono mai stati così bassi - hanno rivisto al ribasso le loro previsioni di investimento.Questa è la realtà. Quella di un Governo che ha utilizzato a fondo la leva fiscale. Così a fondo da avere ormai un Paese sull’orlo della rivolta, della disubbidienza. Come dimostrano le manifestazioni, anche violente, in Bretagna contro l’ecotassa (il 30 novembre ci sarà un’altra giornata di protesta). Non ha invece fatto nulla sul fronte, appunto, della spesa pubblica. 
Intanto surplus Tedesco di settembre ha toccato i 20,4 miliardi di euro, contro 13,3 miliardi di agosto, superando il precedente primato mensile di 19,8 miliardi raggiunto nel giugno del 2008, subito prima dello scoppio della crisi finanziaria globale. Le esportazioni verso gli altri Paesi dell’eurozona, 35,3 miliardi di euro, hanno messo a segno un aumento del 4,4% rispetto allo stesso mese del 2012, mentre le importazioni sono aumentate dell’1,8% a 33 miliardi. Nei primi nove mesi dell’anno, i due valori sono calati rispettivamente del 2% e dello 0,8%. Secondo cifre preliminari della Bundesbank, anche l’attivo delle partite correnti è aumentato, da 17 miliardi di euro del settembre 2012 a 19,7 miliardi del settembre di quest’anno. Il largo attivo dei conti con l’estero della Germania è stato oggetto di una vivace controversia nei giorni scorsi, con la pubblicazione di un rapporto del Tesoro degli Stati Uniti, in cui veniva sottolineata «la crescita anemica della domanda interna in Germania e la dipendenza dalle esportazioni» dell’economia tedesca. Questo stato di cose, secondo Washington, che per la prima volta accusa direttamente la Germania, «ha ostacolato il riequilibrio nel momento in cui molti Paesi dell’eurozona si sono trovati sotto gravi pressioni». Il continuo surplus tedesco, sostiene il rapporto, ha impresso una tendenza deflazionistica sull’area dell’euro, oltre che sul resto dell’economia mondiale. L’inflazione nell’eurozona è scesa allo 0,7% a ottobre, il che ha indotto giovedì la Banca centrale europea a tagliare i tassi d’interesse.  Berlino  ricorda a tutti che la maggior competitività delle imprese tedesche è stata ottenuta grazie alle riforme del mercato del lavoro del decennio passato.
Da questi nuovi scenari dovranno essere prese le prossime decisioni che decideranno anche i futuri destini del'Eurozona e del nostro paese. Certo se ci mettiamo nei panni della Germania comprendiamo che loro vedano noi Mediterranei tutti (Francesi compresi) come "le cicale", che hanno cantato nella stagione felice, mentre loro già pensavano a "mettere al riparo" le provviste per la cattiva stagione.Viste le ultime vicende, penso comincino a nutrire lo stesso pensiero verso il mondo Anglosassone che tenderà ad isolarli ancor di più. Il passato è ancora lì facciamone tesoro ed evitiamo che l'esasperazione dei Nazionalismi possa risorgere, diversamente i milioni di morti, l'olocausto e quant'altro non ci avranno insegnato nulla.Cercare di correggere i numerosi errori e vale per noi Latini ed anche per gli Anglosassoni. In particolare gli Stati Uniti sono anni che continuano a iniettare liquidità nel sistema senza fare alcuna riforma concreta. Dopodichè se ne potrà riparlare, con giusta ragione. Non ci facciamo accecare dall'illusione che se ne possa uscire solo facendo politiche espansive, qui abbiamo pubbliche amministrazioni e più in generale sistemi paese talmente voraci di "denaro facile" che più "gli dai", più "si mangiano".

domenica 3 novembre 2013

E' ORA CHE DRAGHI TAGLI I TASSI

Il rialzo di tutti gli asset percepiti come più rischiosi, dai Bonos ai BTp, e il contemporaneo calo dell’Euro, sembrano consolidare l’ipotesi che giovedì 7 novembre la Bce intervenga con un taglio sui tassi di riferimento in Eurozona, abbassandoli dall’attuale minimo storico dello 0,5%. Le motivazioni per un taglio dei tassi di riferimento, almeno sulla carta, ci sono. I prezzi al consumo nell’area euro stanno salendo al ritmo più basso degli ultimi quattro anni. Il dato pubblicato in settimana segnala un’inflazione in Eurozona allo 0,7%, in discesa per il settimo mese consecutivo e ben al di sotto di quel 2% indicato dalla stessa Bce come soglia d’allarme per garantire la stabilità dei prezzi. Più che di rischio inflattivo, in Eurotower in questi giorni si discute del rischio opposto, ovvero di deflazione. Il rallentamento eccessivo dei prezzi potrebbe soffocare il fragile tentativo di recupero dell’economia messo in atto dal Vecchio Continente. 

L’attesa di un allentamento monetario ora si fa più forte. La moneta unica venerdì è caduta a quota 1,3478 contro il dollaro, il minimo dal 16 ottobre, mettendo a segno la peggiore perdita settimanale (-2,3%) degli ultimi 16 mesi. Il calo è una buona notizia soprattutto per chi fa export. Anche perchè la forza della divisa europea nei giorni scorsi aveva raggiunto livelli di guardia. Venerdì scorso l’euro quotava 1,38 dollari, il top degli ultimi 23 mesi, grazie a un apprezzamento dell’8% da inizio luglio. Merito dell’ampio surplus commerciale europeo, del ritorno di ampi flussi di capitale sui mercati azionari europei ma anche della convinzione - sempre più diffusa - che la sopravvivenza della moneta stessa non sia più in discussione.

venerdì 1 novembre 2013

SI RIPROPONE LO SCONTRO TRA TITANI

«L’economia tedesca è competitiva e ha un’occupazione record non si capisce perché dobbiamo essere attaccati per il nostro successo». Questo il mantra recitato dagli ambienti vicini alla Cancelliera.
"La struttura della moneta unica favorisce Berlino sul piano delle esportazioni (il marco tedesco da solo sarebbe di almeno il 40% più forte rispetto all’euro)". La pronta replica da parte di Washington.
La deflazione può essere buona, quando la diminuzione dei prezzi è dovuta ad abbondanza di offerta: generoso raccolto agricolo, progresso tecnologico o salto di qualità nella concorrenza. Oppure può essere cattiva, quando è dovuta a bassa domanda come accadde in Giappone con la stagnazione dell’economia negli anni Novanta. La deflazione cattiva segnala una specie di anoressia dell’economia. si). L’America ha sempre chiesto all’Europa di adottare politiche espansive. Lo ha chiesto se per questo anche alla Cina, argomentando che l’economia cinese e ora quella tedesca debbono compiere un passaggio qualitativo e spingere la domanda interna. 
Gli Stati Uniti lo percepiamo ormai da anni sono esausti hanno un debito estero mostruoso che finanziano con l' aumento continuo del loro debito. Vorrebbero bilanciarlo aumentando le loro esportazioni, ma tutti i tentativi fatti finora non sono serviti a nulla. I loro continui inviti non hanno prodotto nulla o quasi. I due monoliti non sono per ora disposti a cambiare la loro politica. Loro per vocazione sono formiche....non cicale.
Il bivio è là, per ora tutti restano dove sono, ma le scadenze si fanno sempre più onerose e prima o poi qualcuno dovrà..... affrontarlo.