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domenica 20 dicembre 2015

IL VOTO NELL'EUROPA CONTEMPORANEA

In quel melodrammatico fine 2011, fummo proprio noi Italiani ad inaugurare la stagione delle grandi coalizioni. Lo spread del Btp decennale era salito ad oltre 600 punti rispetto al Bund Tedesco. Già dall'estate il governo Berlusconi era entrato in fibrillazione. Con mossa repentina Giorgio Napolitano il 9 novembre 2011, nominò Mario Monti senatore a vita. Pochi giorni dopo, Silvio Berlusconi, fece un passo indietro accettando di essere sostituito dal novello taumaturgo. Mario Monti inaugurò così quella nuova stagione. Nel settembre 2013, si votò per le politiche in Germania, la Cdu di Angela Merkel ottenne il 41,8%, un ottimo risultato personale, ma il mancato raggiungimento della soglia del 5% dei liberali suoi tradizionali alleati, la costrinse alla forzata alleanza con i socialdemocratici. Arriviamo a quest'anno che si apre con la vittoria di Syriza, alle politiche Greche. Il movimento di Alexis Tsipras, si afferma sull'onda della drammatica crisi economica, contro le politiche di sacrificio imposte dalla troika. Tsipras forte dell'investitura popolare, si affida a Iannis Varoufakis, per la trattativa con le autorità monetarie. Lo sfrontato professore forte dei suoi studi sulle "Teorie dei giochi", mette in pratica la sua strategia "prendere tempo", ma sono sei mesi penosi, non ottiene nulla. Tsipras è alle corde, indice un referendum  popolare. Il quesito che pone suona così "Queste trattativa ci strangola, Greci, morire per morire, lo volete fare da schiavi o da uomini liberi". I greci naturalmente a grande maggioranza rigettano la trattativa. Non passa che un giorno e paradossalmente Iannis Varoufakis offre  le sue dimissioni che vengono prontamente accettate da Tsipras. Il quale un paio di giorni dopo è a Bruxelles per trattare nuovamente. Per farla breve, la Grecia torna alle urne anticipate a settembre, Tsipras ottiene ancora un ottimo 35% e continua a governare con Anel gli alleati di destra del corpulento Panos Kamenos. Guardando numeri ed alleanza, si comprende che la tendenza va verso una precisa strategia "Galleggiare a prescindere". La conferma arriva puntuale pochi giorni fa il 13 dicembre, dai risultati del secondo turno delle amministrative Francesi. Gli attentati Parigini di un mese prima, hanno choccato l'Europa tutta e non solo. Al primo turno il 6 dicembre il Front Nationale di Marine Le Pen, ottiene grande consenso il 28%, in presenza di una partecipazione popolare molto bassa. Venerdi 11 dicembre, il primo Ministro Manuel Valls si presenta di primo mattino in Tv, riafferma la volontà del partito Socialista di ritirare i propri candidati là dove possono favorire la vittoria dei candidati della Le Pen. Aggiunge poi con grande aplomb "Ci sono due visioni nel nostro paese. La nostra lo sapete tende all'unità, ve l'ho appena dimostrato. La loro vuole la divisione. Francamente ritengo che questa divisione, possa portare alla guerra civile". Il messaggio arriva ai Francesi che hanno tutto il sabato per rifletterci su. La domenica un buon 10% in più si recano alle urne e la Le Pen non porta a casa nulla.
Arriviamo quindi ad oggi, la Spagna va alle urne, secondo i sondaggi è divisa se la giocano in quattro."Final de infarto", sparano i titoloni, anche qui sembra il voto più incerto dopo quarant'anni di democrazia, dalla morte del Generalissimo.  Due forze tradizionali i popolari di Mariano Rajoy che attualmente guida il governo ed il Psoe di Pedro Sanchez. Due forze nuove o pseudo tali, il comunisteggiante Podemos di Pablo Iglesias ed il localistico Ciudadanos di Albert Ribera. Magari dopo le venti , fino a domani pomeriggio assisteremo alle solite scene, proclami di vittoria e di sconfitta. Ma già da martedì, molto probabilmente si lavorerà concretamente sulla collaborazione "tra i cocci del partito Popolare e del Psoe".