La strada è segnata, questi i principali temi che impegneranno il premier Renzi ed il governo nel primo trimestre 2015:
1) Dal 1 gennaio 2015 entra in vigore la legge 54 che abolisce le province ed istituisce le città Metropolitane.
2) Dal 7 gennaio la legge elettorale e riforme Costituzionali riapproderanno in parlamento.
3) L'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
4) Il confronto con la commissione Europea sulla tenuta della manovra di stabilità.
La legge 54, più conosciuta come legge Del Rio, cancella le Province ed instaura appunto le 10 città Metropolitane (Roma, Torino, Milano, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Reggio Calabria), questo è il primo anello di un problema molto complesso quello dell'assetto degli enti territoriali che esploderà nelle prossime settimane, ma da qualche parte bisognava pur iniziare, qui la soluzione è ancora lontana. Il primo problema da affrontare immediatamente da parte del governo e dalle autorità locali saranno gli esuberi ed il ricollocamento del personale in ambito locale. Si parla di almeno 10.000 esuberi da gestire immediatamente. Inoltre sindaci e amministratori locali, dopo un buon decennio a cui partecipano a convegni e workshop di ogni genere sul tema, sono pronti a scagliarsi contro l'autorità centrale per ottenere ammortizzatori e nuovi rinvii, nessuno o pochi di loro hanno provato ad analizzare realmente cosa avrebbero "potuto fare loro", prima di lanciare i loro strali contro il governo.
Sulla legge elettorale, si riparte da quel che resta del "Patto del Nazzareno", integrato con le proposte introdotte in autunno. Soglia del 40% sulla lista vincente per prendere il premio di maggioranza e soglia di entrata abbassata al 3% per la singola lista per essere rappresenta in parlamento. Qui si parte con una maratona Parlamentare che si intreccerà con la sempre più probabile elezione del nuovo Presidente della Repubblica che dovrà sostituire Napolitano. Cosa ne scaturirà, nessuno oggi credo è in grado di saperlo.
Si può ipotizzare partendo dai dati di fatto che sulla riforma elettorale passi una legge maggioritaria a doppio turno con l'introduzione parziale delle preferenze da parte del cittadino elettore con soglie vicine alla proposta di cui sopra. Più complessa appare l'elezione del capo dello Stato, qui non è scontato l'effetto del patto del Nazzareno.Su questo tema a mio modo di vedere Renzi si gioca realmente il suo futuro, per cui ipotizzo che per questo lui voglia chiudere al più presto la questione sulla legge elettorale. Ma su questo punto non solo Berlusconi, ma anche Alfano ed i suoi alleati di centro, tengono le antenne dritte, sapendo che ottenuta la legge elettorale Renzi potrebbe essere tentato ad andare ad elezioni anticipate. Per cui anche l'accordo per la presidenza della Repubblica si deve trovare forzatamente nella stessa orbita, escludendo probabilmente M5S e Sel. Sul totonomi è molto presto.
Infine il versante economico, la legge di stabilità corredata dal Jobs Act, pare non siano ritenute del tutto sufficienti dalle autorità Europee in materia. Per cui a fine marzo sarà fatta una valutazione nel merito, partendo dai dati a consuntivo del 2014. Il premier ed il ministro dell'economia Padoan hanno sempre sostenuto che l'Italia non avrebbe sforato il deficit del 3%. Poi si valuteranno i primi indicatori sul 2015, alla luce anche di due fattori che appaiono oggi interessanti per il futuro dell'economia nostrana. Il persistere di bassi tassi per il finanziamento del nostro debito ed il vero e proprio crollo dei costi energetici (petrolio e gas), che dovrebbero favorire i nostri conti.
Visualizzazioni totali
domenica 21 dicembre 2014
venerdì 12 dicembre 2014
TEMA DEL GIORNO: LA BATTAGLIA DELL'ORO NERO
Petrolio e rublo procedono a braccetto verso nuovi minimi, a un ritmo impensabile fino a poche settimane fa. Ma anche il Venezuela il paese che vanta grandi riserve petrolifere rischia di finire prestissimo nel marasma. Il prezzo sta sfondando i 60 dollari, quasi dimezzato rispetto al giugno scorso. Pur con la riduzione della domanda, l'Opec non vuole ridurre la produzione. Arabia saudita, Kuwait e Iraq pronti a vendere con alti sconti ai clienti asiatici. Per l'Iran il prezzo potrebbe arrivare fino a 40 dollari al barile. Gli Stati Uniti, primo consumatore di petrolio, hanno ormai raggiunto l'autosufficienza con il petrolio prodotto in casa, sfruttando la tecnica di frammentazione detta "olio scisto". E' un petrolio non convenzionale prodotto dai frammenti di rocce di scisto bituminoso mediante i processi di idrogenazione o dissoluzione termica. Questi processi convertono la materia organica all'interno della roccia in petrolio o gas sintetico. Il petrolio risultante può così essere usato immediatamente come combustibile.
La guerra dei prezzi - sembra sia voluta soprattutto dall'Arabia saudita che mantenendo un'alta produzione di greggio, e coprendo il 40% del fabbisogno mondiale, determina il prezzo dell'oro nero. In questo modo essa rende meno competitivo il petrolio di scisto prodotto negli Usa e mette in difficoltà ogni ripresa economica iraniana, indebolendo Teheran sullo scacchiere medio-orientale. Anche per questo il 27 novembre scorso in sede Opec è stato deciso di lasciare le quote di produzione invariate. Ora il prezzo sempre più basso indica che la crisi economica si sta approfondendo sempre di più. L'Europa è a un passo dalla deflazione; il Giappone è alla sua quarta recessione dal 2008; la Cina prevede per quest'anno la crescita più bassa dal 1990. Anche la Russia è alla sua più grande recessione dalla caduta del muro del 1989, anche a causa delle sanzioni prese nei suoi confronti dopo le vicende di confine con l'Ucraina.
Ma non tutto appare negativo, secondo alcuni economisti nel medio termine, la discesa del prezzo del greggio aiuterà la crescita del Prodotto interno lordo globale: ogni 10 dollari di diminuzione produrrà un incremento dello 0,5% del Pil.
La guerra dei prezzi - sembra sia voluta soprattutto dall'Arabia saudita che mantenendo un'alta produzione di greggio, e coprendo il 40% del fabbisogno mondiale, determina il prezzo dell'oro nero. In questo modo essa rende meno competitivo il petrolio di scisto prodotto negli Usa e mette in difficoltà ogni ripresa economica iraniana, indebolendo Teheran sullo scacchiere medio-orientale. Anche per questo il 27 novembre scorso in sede Opec è stato deciso di lasciare le quote di produzione invariate. Ora il prezzo sempre più basso indica che la crisi economica si sta approfondendo sempre di più. L'Europa è a un passo dalla deflazione; il Giappone è alla sua quarta recessione dal 2008; la Cina prevede per quest'anno la crescita più bassa dal 1990. Anche la Russia è alla sua più grande recessione dalla caduta del muro del 1989, anche a causa delle sanzioni prese nei suoi confronti dopo le vicende di confine con l'Ucraina.
Ma non tutto appare negativo, secondo alcuni economisti nel medio termine, la discesa del prezzo del greggio aiuterà la crescita del Prodotto interno lordo globale: ogni 10 dollari di diminuzione produrrà un incremento dello 0,5% del Pil.
Iscriviti a:
Commenti (Atom)
